Coronavirus: impennata di nuovi contagi, ma non è come sette mesi fa. Ecco perché

Un “motore” che ha alzato di molto il numero dei giri e che ottiene performance molto più evidenti. Ecco come sta funzionando la “macchina” anti-Covid della sanità regionale che in queste ultime settimane ha aumentato di molto lo sforzo per eseguire i tamponi e per esaminarli in laboratorio.
CORONAVIRUS, PER APPROFONDIRE:
Basti pensare che in marzo venivano eseguiti da un minimo di settecento a un massimo di seimila tamponi a settimana. Numeri che a fine aprile – nel pieno della pandemia – erano già diventati pari a 15mila test a settimana. Adesso in Friuli Venezia Giulia si è passati a oltre ventimila tamponi a settimana con punte di cinquemila al giorno.
Grazie all’esperienza maturata in primavera e ai sistemi di ricerca più affinati, il monitoraggio effettuato ora con i tamponi è molto più preciso. Non per niente in questi ultimi giorni si sono registrati numeri record, come i 110 positivi di ieri e i 72 di mercoledì che in assoluto possono sembrare (e sono) molto elevati, ma che a ben guardare sono – in proporzione – molto meno allarmanti di quelli di marzo e aprile.
In questi ultimi giorni i positivi corrispondono all’1,5 per cento circa dei tamponi eseguiti, mentre in primavera erano il 5% circa (con punte anche del 15%). Dunque, troviamo molti contagiati perché vengono eseguiti moltissimi test. In ogni caso, in Fvg la percentuale di positivi sui tamponi effettuati è di molto inferiore a tante regioni d’Italia (in Lombardia siamo al 2,3%, in Veneto al 2,2%, tanto da porci e metà di una ipotetica classifica nazionale. Tutti dati che vengono analizzati ogni giorno dal professor Vincenzo Della Mea, docente di Informatica medica del dipartimento di Scienze matematiche, informatiche e fisiche dell’università di Udine. Nei suoi grafici si leggono da molti punti di vista tutti i numeri della pandemia.
«Certo – commenta Della Mea – questo elevato numero di tamponi spiega perché vengono trovati tanti positivi. Ma se devo guardare i dati di questi ultimi giorni dico che sono un po’ sorpreso dall’accelerazione dei contagi. Ci sono anche altri aspetti, oltre al numero di tamponi, che gli addetti ai lavori devono individuare. Bisogna sapere con precisione dove si sviluppa il virus per poter agire con efficacia, ottenendo collaborazione dalla popolazione. Non bisogna accontentarsi di trovare il cosiddetto “untore”, ma l’evento che ha provocato il contagio». «Nelle settimane che hanno preceduto la prima ondata della pandemia – prosegue il docente – c’era stata una diffusione sotterranea del virus non riconosciuta da nessuno che poi ha provocato il picco che ha avuto bisogno del lockdown. Ora quella crescita la stiamo vedendo giorno per giorno e questa è una ragione in più per agire rapidamente, in modo da evitare misure drastiche».
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