"Come posso aiutare i friulani?". E la fondatrice del Fai costruì un intero borgo nel Friuli colpito dal sisma

Nel 1976 Giulia Crespi Mozzoni fece realizzare a proprie spese 16 alloggi nel borgo distrutto dal sisma
Tavagnacco 20 luglio 2020 Riproduzioni foto del ex sindaco di lusevera © Foto Petrussi
Tavagnacco 20 luglio 2020 Riproduzioni foto del ex sindaco di lusevera © Foto Petrussi

LUSEVERA. Un incontro casuale - questione di attimi: il destino gioca sempre a carte coperte - nei corridoi della Prefettura di Udine. È il 10 giugno 1976: il sindaco di Lusevera, Sergio Sinicco, si aggira tra gli uffici del palazzo di governo del capoluogo, tra una riunione e un incontro istituzionale sulla ricostruzione post-sisma. È lì che incrocia l’architetto Guglielmo Mozzoni. I due parlano, il primo cittadino racconta al professionista le pene di Lusevera e in particolare del borgo Crastie, quasi completamente raso al suolo dall’Orcolat.

A Mozzoni brillano gli occhi: è a Udine perché ha un appuntamento con il commissario straordinario Giuseppe Zamberletti. Perché? Vuole mettere a disposizione il progetto per la costruzione di un villaggio da destinare a sedici famiglie sfollate e i soldi per realizzarlo da cima a fondo. L’idea è della moglie, Giulia Maria Crespi, che dopo aver ceduto il proprio pacchetto di azioni del Corriere della Sera ai Rizzoli, ha appena fondato il Fondo Ambiente Italiano.

Quel progetto vedrà la luce nel giro di due anni, regalando un tetto a un centinaio di persone. E a inaugurare quello che ancora oggi è conosciuto come villaggio Mozzoni-Crespi è proprio la fondatrice del Fai, scomparsa domenica a 97 anni. Lusevera si accoda al commosso ricordo della filantropa, preparandosi a inserirla a imperitura memoria nella toponomastica paesana: «Ci stiamo informando con le autorità preposte sulle norme in vigore, ma è nostra seria intenzione dedicare la via sulla quale s’affacciano gli alloggi a Giulia Maria Crespi», spiega l’attuale primo cittadino, Luca Paoloni.

Per riavvolgere il nastro dei ricordi bisogna bussare alla porta dell’allora sindaco. Sinicco, oggi ottantaduenne, racconta dell’incontro «nella sede della Prefettura di Udine: era giugno e faceva caldo, ricordo di aver parlato con l’architetto Mozzoni e di aver letto nei suoi occhi la voglia di aiutare questa terra così duramente colpita dal sisma». Probabilmente proprio da quell’incontro fuori dagli uffici presidiati all’epoca da Zamberletti, che aveva eletto il palazzo del governo a quartier generale della struttura commissariale è scaturita la scelta dei Mozzoni di investire nel villaggio di Crastie.

L’11 agosto del ’76 il consiglio comunale di Lusevera approva la convenzione tra il municipio e la famiglia lombarda; due settimane dopo, il 24 agosto, la stessa convenzione viene firmata, alla presenza del segretario comunale di Lusevera, Maddalena Vidoni: i Mozzoni realizzano a spese loro sedici alloggi (per una cubatura complessiva di 3.965 metri), mentre il Comune si occupa delle opere di urbanizzazione. I lavori partono quasi subito, ritardati di qualche settimana solo dalla replica settembrina del terremoto, che ha squassato ulteriormente le terre già fiaccate in primavera. L’inaugurazione il 7 ottobre 1978: ancora oggi in quegli appartamenti abitano figli e nipoti di chi all’epoca beneficiò della generosità di Giulia Maria.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto