Cividale, l’avvocato scrive al nuovo Cda: chiedete i danni

CIVIDALE. Cosa intende fare la Banca popolare di Cividale, ora che il Consiglio d’amministrazione è stato rinnovato e che, tra le prime scadenze in calendario, bilanci semestrali a parte, c’è l’udienza preliminare a carico degli ex manager e imprenditori accusati dalla Procura di estorsione e corruzione tra privati? È il quesito posto dall’avvocato Roberto Paviotti, nella lettera raccomandata inviata nei giorni scorsi ai vecchi e nuovi componenti del direttivo e al loro neo presidente, Graziano Tilatti. A suggerire la risposta è lo stesso legale, nell’“oggetto” indicato in cima alla missiva: «Formale sollecito alla costituzione di parte civile nel procedimento penale».
Chiusa la partita sulla successione della più che quarantennale presidenza di Lorenzo Pelizzo e cominciato l’odioso conto alla rovescia, in vista del 28 maggio, quando difese e magistrati si ritroveranno per formalizzare le rispettive richieste e decidere i riti - ordinari o alternativi - con i quali dar seguito al procedimento, alla banca si chiede dunque di prendere posizione. A farlo è l’avvocato che, in quello stesso procedimento, assiste il notaio Pierluigi Comelli, parte offesa in quanto socio della Cividale, nonchè storico e strenuo oppositore di Pelizzo.
Tre i punti evidenziati dall’avvocato Paviotti, che al presidente, agli otto consiglieri, ai tre sindaci e ai tre componenti dell’Organo di vigilanza ha allegato anche l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare. «Mi avanzo formalmente a segnalarvi - si legge - che, laddove nel capo d’imputazione è ripetutamente evidenziato che le condotte delittuose ascritte agli imputati hanno cagionato nocumento alla Banca di Cividale, solo per errore materiale la Banca stessa non è ancora stata indicata tra le persone offese».
Nell’annunciare la peraltro scontata costituzione di parte civile da parte del notaio Comelli, poi, l’avvocato ha chiesto che altrettanto faccia il nuovo Cda, per conto dell’istituto di credito, «onde non pregiudicare il diritto della banca a ottenere il risarcimento dei danni, nel caso in cui il processo si concluda con la condanna degli imputati». Entrando nel dettaglio delle contestazioni, infine, il legale ha domandato che gli venga comunicato «se il finanziamento in pro di Getur (menzionato in tre capi d’imputazione, ndr) sia stato o meno regolarmente rimborsato».
Nel procedimento figura coinvolta anche la Banca di Cividale spa, che il procuratore aggiunto Raffaele Tito aveva nuovamente iscritto sul registro degli indagati - dopo una prima archiviazione -, insieme alla Banca popolare di Cividale soc coopa seguito dei nuovi particolari emersi in fase d’indagine, in virtù del decreto legislativo 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle società per reati commessi da loro dipendenti. Della vecchia guardia, oltre al presidente Pelizzo, sono stati chiamati in causa l’ex direttore generale, Luciano Di Bernardo, e l’ex vice direttore Gianni Cibin.
Nei guai anche gli imprenditori che, con le loro rivelazioni, diedero il via all’inchiesta, Franco Pirelli Marti e Gianni Moro, oltre a Daniele Lago, presidente di “Steda spa”, la società di Rossano Veneto incaricata dei lavori di realizzazione della nuova sede. Alla base del teorema accusatorio, lo scambio di utilità tra dirigenti di banca e imprenditori, sullo sfondo di un quadro che lascia ancora aperta la porta a due possibili scenari: “tangenti” in cambio della concessione di finanziamenti (ipotesi dell’estorsione), oppure favori ottenuti sulla base di reciproci accordi (ipotesi della corruzione tra privati). In un caso o nell’altro, per la Procura, il risultato sarebbe comunque stato quello di un danno alla banca di oltre 21 milioni di euro.
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