Civibank, il processo unito al crac Fingestim

UDINE. Processo agli ex vertici della Banca di Cividale: ieri in tribunale si è assistito a un piccolo colpo di scena. Accogliendo l’istanza avanzata due giorni prima dagli avvocati Luca Ponti e Pasquale Pantano, difensori dell’ex direttore generale Luciano Di Bernardo, il gup ha ritenuto opportuna la riunione del procedimento a quello sulla bancarotta di Fingestim, con il cui capo d’imputazione ha ravvisato elementi di connessione sia probatoria, sia teleologica e che è nel frattempo approdato a sua volta in udienza preliminare.
Le parti si ritroveranno quindi il 9 ottobre, davanti al collega Emanuele Lazzàro, per discutere della posizione dei tre imputati comuni (Di Bernardo, Franco Pirelli Marti e Gianni Moro) e degli altri (Pelizzo, Gianni Cibin e Daniele Lago, oltre alla Popolare di Cividale scarl e alla Banca di Cividale spa) “trascinati”, ciascuno con le proprie ipotesi di reato, nella nuova e più ampia cornice giudiziaria.
Quanto alla costituzione di parte civile della banca: il nuovo presidente parla di un atto dovuto e, soprattutto, sofferto. Promosso a tutela dell’immagine della banca e dei suoi soci. Ma costato carissimo, in termini umani e relazionali. Graziano Tilatti, il manager chiamato a raccogliere l’eredità lasciata da Lorenzo Pelizzo dopo oltre 40 anni di ininterrotta presidenza, parla con il cuore in mano.
Lo fa dopo che il legale che assiste la Banca popolare di Cividale, nel procedimento per estorsione o corruzione tra privati a carico dei suoi ex vertici, ha chiesto e ottenuto dal giudice l’ammissione dell’istituto di credito alla costituzione di parte civile. E lo fa nel giorno in cui il gup del tribunale di Udine, Paolo Alessio Vernì, davanti al quale mercoledì si era aperta l’udienza preliminare, ha disposto la riunione del procedimento a quello per il crac Fingestim, nel quale figurano coinvolti tre dei sei imputati.
Tre gli aspetti che Tilatti tiene a precisare. «Innanzitutto vanno tenute distinte le singole posizioni degli indagati sulla base delle contestazioni loro mosse e degli accertamenti interni effettuati - ha detto il neo-presidente -. In secondo luogo, in tutta questa vicenda la banca risulta essere parte lesa a prescindere dagli esiti dell’azione penale della Procura. Infine, la costituzione di parte civile della Popolare di Cividale è da considerarsi un atto dovuto a tutela dell’immagine dell’istituto stesso e dei soci».
Era stato il Cda della Popolare, la settimana scorsa, a soffermarsi sul tema e - fanno sapere dalla banca - «non senza sofferenza» a deliberare in tal senso. Da qui, l’esigenza di «separare gli aspetti giudiziari dalle vicende umane delle singole persone coinvolte, a cui va garantita la presunzione di non colpevolezza sino al termine del procedimento». Discorso, questo, tanto più valido per l’ex presidente Lorenzo Pelizzo, «che di sua iniziativa - ricorda Tilatti -, appena la Procura ha avviato le indagini a suo carico, aveva richiesto accertamenti interni alla banca in relazione al proprio operato e dai quali nulla è emerso, come confermato anche da una parere legale “pro veritate” commissionato dal Cda».
Nel ribadire la stima raccolta dal suo predecessore in tutti gli ambienti in cui ha operato e opera, Tilatti non ha esitato invece a stigmatizzare la decisione di alcuni soci-azionisti di costituirsi a propria volta parte civile, per ottenere l’eventuale risarcimento.
«Fermo restando i diritti di ciascuno di agire in giudizio - ha detto -, considero tali iniziative il proseguimento di una lunga, nonché lacerante azione perpetrata nei confronti dei vertici dell’istituto cividalese, che in questo momento di grave congiuntura economica necessita di coesione tra tutte le sue componenti». Il messaggio finale è alla clientela, che il presidente ha voluto rassicurare «rispetto alla solidità e strategia di crescita della banca».
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