Cento anni fa la fine della Grande Guerra, viaggio nei luoghi dove tutto ebbe inizio

Un’ora e venti minuti prima dell’inizio delle ostilità fu sparato da due finanzieri il primo colpo di fucile della grande guerra dalla dogana italiana a Visinale, su fiume Judrio, contro i soldati asburgici che stavano per minare il ponte di legno ritenuto strategico sia per le comunicazioni sia per le funzioni militari



La data ufficiale di inizio della prima guerra mondiale è il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo.


Ma è il 24 maggio dell’anno dopo che l’Italia entra in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna e Impero russo.


Dal Forte Verena, sull'altopiano di Asiago, parte un primo colpo di cannone verso le fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena: l'Italia inizia ufficialmente le operazioni militari nella prima guerra mondiale.






La storia ufficiale ci racconta questo, in realtà la leggenda (poi diventata storia, anche se non completamente confermata ma acquisita come dato molto vicino alla realtà), racconta che i primi colpi furono sparati la notte del 23 maggio 1915.


Già nel pomeriggio di quel giorno la motobarca che portava la comunicazione dello stato di guerra al distaccamento di Foce Aussa - nella laguna di Grado e Marano) fu obiettivo di alcuni colpi sparati dalla dogana austriaca di Porto Buso.


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Ma la tradizione vuole che il primo colpo di fucile della Grande Guerra sia stato sparato alle 22,40 (quindi poco meno di un’ora e mezza dall’ingresso in guerra del nostro Paese) del 23 maggio 1915 dal finanziere Pietro Dall’Acqua di guardia col collega Costantino Carta al ponte confinario di Brazzano (tra Visinale di Corno di Rosazzo e Cormons), sul torrente Judrio (linea di confine tra il Regno d’Italia e l’impero Austro-Ungarico), contro una pattuglia di genieri austriaci, costretti così a desistere dal tentativo di far saltare l’opera, un ponte in legno di cui oggi rimangono piccole tracce sommerse nelle acque del fiume che divide le province di Udine e Gorizia.


Che poi questi siano stati davvero i primi colpi d'arma da fuoco della guerra lo stesso ministero della Difesa non è mai stato in grado di confermarlo. Ma la leggenda narra questo, anche se obiettivamente è difficile collocare precisamente il primo colpo in un fronte di centinaia di chilometri.




Da ricordare anche già poco dopo le due del 24 maggio del 1915 la guerra consegnava il primo tributo di sangue italiano: l'alpino udinese Riccardo Giusto, appena ventenne, fu ucciso da un proiettile nemico sul Kolovrat, primo soldato caduto di una lista che alla fine ne contò 650mila.


Ma torniamo a quell’episodio. La ricostruzione fatta dalla Guardia di Finanza racconta di un notevole scambio di colpi. Non ci furono morti, ma un sottufficiale della dogana austriaca rimase ferito e dovette ricorrere alle cure del medico condotto di Cormons.


L’episodio di fatto aprì il fronte italiano della grande guerra. La mattina dopo sul ponte furono ritrovati gli attrezzi con cui i soldati imperiali stavano tentando di minare il ponte.


La decisione di Dell'Acqua e Carta permise alle truppe italiane (i reparti della brigata Re dell'undicesima divisione di fanteria) di passare lo Judrio evitando uno scomodo guado. L'atto di coraggio fece guadagnare ai due finanzieri una medaglia di bronzo al valor militare, e ancora oggi, nel centro di Visinale, un monumento ricorda il luogo in cui risuonarono i primi colpi del grande conflitto.




La stele è composta da un bassorilievo in metallo e da una lapide che narra quanto successo quella notte. L'incisione raffigura un militare mentre spara con il fucile, aiutato alle spalle da una divinità della guerra. La targa invece racconta come i due finanzieri di guardia nei pressi del ponte sull linea di confine dello Judrio, insospettiti da insoliti movimenti, spararono in direzione di Brazzano.


In queste zone la storia di quel periodo è ben presente. A Brazzano, proprio su quell’antico confine di cui abbiamo parlato, c’è un cimitero di guerra dove da cento anni riposano alcuni soldati dell’impero asburgico, ma anche molti nemici di allora.


Qui sono sepolti sia russi sia austriaci, come ricorda la frase “Freud und Feind Im Tode vereint (Amico e nemico uniti nella morte)”, incisa sul monumento piramidale presente all’interno del cimitero.




Nel 1915 la frazione di Brazzano faceva parte dell’Impero austro-ungarico ma, trovandosi di fatto sul confine, venne occupata dall’Italia sin dal primo giorno di guerra. Riconquistata dagli austriaci dopo la disfatta di Caporetto, divenne definitivamente una località del Regno d’Italia dopo il 4 novembre 1918.


Proprio per tali ragioni storiche in questo sacrario, insieme ai caduti nella zona, sono sepolti sia soldati russi, fatti prigionieri sul fronte orientale dall’esercito imperiale, sia prigionieri di popolazioni, come ad esempio quella serba e romena (morti nei campi di concentramento austro-ungarici), sia austriaci, prigionieri di guerra degli italiani quando quell’area finì sotto il controllo del Regno d’Italia.

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Entrando nel camposanto, si trovano le salme di coloro che persero la vita nel campo di prigionia allestito proprio in questa località ed i 282 caduti nella zona, sepolti originariamente a Cormons. In tutto sono 534 i caduti dell’impero (e non solo) che hanno trovato sepoltura nel Collio.

Il prato è ricoperto dalle croci in pietra bianca mentre lungo il muro di cinta son state affisse delle lapidi di pietra. Più avanti si trovano invece le croci di ferro che indicano il luogo dove riposano i prigionieri del campo.

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