Campagna di vaccinazione anti-Covid, l'idea della primula s’ispira agli scritti giovanili di Pier Paolo Pasolini

UDINE. Aggrappati a una speranza, aggrappati a una primula. Ed è proprio la pianta che per prima spunta dopo il gelo, appena i raggi del sole cominciano a sgretolare il rigore invernale, il simbolo scelto per la campagna vaccinale contro il Covid, che arriverà nelle nostre piazze per cercare di trasmetterci sicurezza, coraggio, voglia di tener duro.
L’idea della primula, come logo e forma dei gazebi attorno ai quali far scaturire un disegno di rinascita, è venuta all’archistar Stefano Boeri, su incarico del commissario per l’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri. Inizialmente (ha raccontato Boeri in un’intervista) aveva pensato alla margherita o a fiori che trasmettessero un significato d’effetto, finché lo spunto decisivo gli è stato dato da un libro, notato sulla scrivania di un amico, lo storico dell’arte Giovanni Agosti.
Era “Un paese di temporali e primule”, uscito con la prima edizione Guanda nel 1993 raccogliendo gli scritti giovanili di Pier Paolo Pasolini, apparsi tra il 1945 e il 1951 su quotidiani e riviste, per spiegare l’intenso, straordinario, poetico rapporto vissuto con Casarsa, Udine e il Friuli, prima della fuga a Roma assieme alla mamma Susanna.

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Curato dal cugino Nico Naldini (altro grande letterato scomparso lo scorso settembre a 91 anni), il libro è una testimonianza meravigliosa che procede su più piani, tra bozzetti di vita paesana, riflessioni critiche sulla letteratura dialettale, interventi di tono politico, agganciandosi all’impegno affrontato allora da Pasolini a favore dell’autonomia friulana.
E a racchiudere magicamente questi testi, accanto al racconto biografico fatto da Naldini sugli anni di guerra e primo dopoguerra, c’è appunto un titolo di notevole efficacia e suggestione, che bene spiega la natura intima del Friuli, come entità geografica e sociale, e che adesso l’architetto Boeri ha voluto proporre quale messaggio da destinare a tutti. In un’intervista pubblicata sul giornale “Il foglio” afferma: «Ecco dunque la primula. Perfetta. Il primo fiore che sorge dopo il temporale. Temporali e primule: bellissimo binomio come immagine di rinascita».
Riaprendo le pagine del libro, da culto per chi si sintonizza con i temi pasoliniani, balzano i titoli di alcuni capitoli, come “I colori della domenica”, apparso sul Messaggero Veneto il 13 luglio 1947, dove Pier Paolo narra la serenità che si diffonde un sabato sera in paese, aspettando con semplicità una domenica in quanto tale, pur priva di eventi speciali per un ragazzo di nome Manuti e i suoi amici. E, nel descrivere la vita casarsese del 1944, Naldini cita la struggente preghiera scritta in friulano da Pasolini per il suo “Stroligut”. Eccola: “Crist pietàt dal nustri paìs.
No pa fani pì siors di chel ch’i sin. No par mandàni ploia. No par mandàni soreli. Patì cialt e freit e dutis li tempiestis dal seil, al è il nustri distìn. Lu savìn! ”. E poi la supplica finale: “Slontàna n’altra volta il pericul e la muart, làssini cà enciamò a vivi e patì e preati e murì in pas”. In Friuli, si pregava così aspettando di veder fiorire le primule. Come adesso.
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