Camillo ImbrianiIl provveditore del Sud che conquistò Udine

Negli anni caldi gli studenti lo contestavano, ma fu un innovatore
Sei anni a Gorizia e ben 17 a Udine (di cui 9 come vice): il provveditore agli studi, Camillo Imbriani ha lasciato l'incarico nel 1987, vent'anni fa, dopo aver attraversato momenti di grandi cambiamenti nella scuola (i decreti delegati), ma anche burrascosi (la contestazione del '68: “Camillo Imbriàni/ per te non c'è domani!” gli gridavano gli studenti nei cortei), e si è messo a scrivere libri. Dalla poesia ai romanzi, dalla critica sociale alla politica scolastica che lo ha visto protagonista nella nostra regione, ma non solo qui. La storia professionale di questo servitore dello Stato approdato al Nord dall'Irpinia è cominciata, infatti, a Bolzano. Nato in provincia di Avellino nel 1921, Imbriani ha studiato filosofia a Napoli e si è laureato in lettere classiche a Bari. Ha insegnato per un po' a Napoli, frequentando anche la facoltà di giurisprudenza, per poi dedicarsi ai concorsi. Così, tanto per cominciare, dal 1953 al '55 ha fatto il cancelliere al tribunale di Bolzano, passando quindi nella Pubblica istruzione, prima come capo sezione e poi come viceprovveditore. Ma nel capoluogo altoatesino il provveditore deve essere bilingue, così lui, pur non completamente digiuno di conoscenza del tedesco, ha preferito fermarsi lì e cambiare regione (in quei quasi dieci anni, comunque, ha lasciato qualche traccia: è riuscito, tra l'altro, a promuovere l'obbligatorietà del tedesco nelle medie italiane e ha dato vita all'Istituto tecnico commerciale bilingue di Ortisei). E nel 1964 è arrivato a Udine come vice di Giovanni Liuzzi (al quale sono seguiti Pericle Fidenzi e Zoello Marsili); nel 1973 è stato promosso provveditore e destinato a Gorizia e nel 1979 è tornato a Udine e vi è rimasto fino alla pensione (quando gli è subentrato, dopo una breve reggenza di Scala, Valerio Giurleo). Ha trovato Udine “pulita e ordinata” e il Friuli (conosceva solo Lignano, dove era stato un'estate) “molto ospitale, con mare e montagne equidistanti”.


E il mondo scolastico “efficiente, ma meglio le elementari che le medie”. Su quest'ultimo argomento, nel '94, ha scritto “Elefanti in cristalleria”, vivace excursus su gli ultimi cinquant'anni della Scuola in Italia. Tra le esperienze personali, l'occupazione del liceo Stellini, nel dicembre 1968. «Il provveditore mi disse: Vai a vedere. Andai, ma non mi fecero entrare. Poi vidi un prete che si calava da una finestra, era don Della Rovere, l'insegnante di religione che andava in seminario a ciclostilare le richieste degli studenti. Più tardi mi aggregai a lui e potei entrare nella scuola occupata». L'anno dopo, nel '69 ci fu l'occupazione dell'istituto Marinoni. «Non mi fecero entrare e dovetti chiamare la polizia. Quando arrivarono, gli agenti trovarono 10-12 alunni nascosti all'ultimo piano, mentre i caporioni si erano defilati da una porta secondaria. Ci fu il processo per interruzione di pubblico servizio e fui chiamato a testimoniare. A proposito degli occupanti, dissi di averne visti meno di dieci e così furono assolti (perchè fosse reato dovevano superare, appunto tale numero)». Poi toccò al Malignani. «Doveva essere occupato un solo giorno, ma dopo due decidemmo, col preside Conti, molto amareggiato a vedervi coivolta la sua scuola, di ricorrere a uno strattagemma: l'istituto fu chiuso d'autorità per le disinfezioni dei locali stabilite per legge. E così tutto finì». «Una certa protesta ci voleva»: commenta oggi il professor Imbriani, che ha sempre cercato di capire i giovani.


La sua critica, come ha scritto nel libro Elefanti in cristalleria - è rivolta, soprattutto, “ai pachidermi della partitocrazia, del corporativismo sindacale e del sessantottismo demagogico che hanno fortemente influenzato, nel bene e nel male, la vita della scuola italiana”! A Gorizia, nell'autunno 1973, gli studenti chiedevano le assemblee d'istituto, l'uso delle bacheche e delle macchine per scrivere delle segreterie. «Nei cortei scandivano "per te non c'è domani!", ma io li ho accontentati concedendo quanto richiesto sei mesi prima dell'entrata in vigore dei Decreti delegati (31 maggio 1974). Invece ho bocciato la richiesta di formare un Consiglio interscolastico che rappresentasse tutti gli istituti, italiani e sloveni, con poteri su mense, trasporti e altro ancora. Ho sentito i presidi, erano tutti contrari, e ho detto no dopo un vivace scontro con alcuni politici, tra i quali l'onorevole Fortuna». Ma non è tutto. Sempre a Gorizia, Imbriani ha annullato, "per abuso di potere e incompetenza", una delibera dei Consigli di classe dell'Istituto commerciale che aveva deciso l'esclusione della Divina Commedia dai programmi. Poi a Udine, negli anni '80, le marce della pace degli studenti “coi sacchi a pelo in spalla e i libretti di Mao...”. Ma ci furono anche belle manifestazioni sportive, come quelle dell'85 e dell'86 allo stadio Friuli per le finali dei campionati studenteschi provinciali. «Grazie al sindaco Candolini e al comandante della Mantova generale Danese, che misero a disposizione i pullman, riuscii a portare allo stadio più di diecimila ragazzi di tutte le scuole.


Qualcuno mi diede del "fascista", accusandomi di voler... rinverdire i Ludi juveniles del regime!». Nel cursus honorum di Imbriani provveditore a Udine ci sono anche altre realizzazioni, come l'istituzione di nuove scuole a Cividale e a San Daniele, la trasformazione dell'istituto musicale udinese Tomadini in conservatorio statale a partire dall'anno scolastico 1981-'82 (grazie ancora all'intesa con Candolini). E poi la riorganizzazione degli uffici del provveditorato, i corsi di aggiornamento sulla droga, lo sviluppo - con significativi risultati - dei Giochi della gioventù (in collaborazione con il Coni e la Crup), i gemellaggi con scuole di Villaco, dell'Istria e di Fiume. Per merito suo, infine, nel 1986 è sorto l'Istituto professionale alberghiero di Udine, che ha trovato sede allo Stringher (un laboratorio di cucina è ospitato all'hotel President di via Duino). Quanto all'attività letteraria, il commendator Imbriani (lo ha nominato Pertini nel 1979) ha cominciato a scrivere nell'89. I suoi libri spaziano dalla poesia (i versi satirici de Il sagittario, Lu ngo i confini, Riverberi, dedicato a Nassyria) al romanzo (Il regno dei puma, su Tangentopoli, e Il sangue non mente, che ne è il seguito), alla memorialistica (I girasoli del Don, con le storie di guerra di Costantino Tonutti di Pagnacco e del vicentino Gino Capozzo, e Da San Daniele a New York, sulle vicende di una friulana, Rosetta Scrosoppi, nella Grande Mela). Quest'ultimo è in fase di stampa mentre l'ultimo uscito, Il sangue non mente, che è edito da Laterza, si può trovare nelle librerie Moderna e Carducci.


Camillo Imbriani ha condiviso tutta la sua vita scolastica con la prima moglie, Giuseppina Catalano, docente palermitana conosciuta a Bolzano e sposata nel 1956; da lei ha avuto tre figlie, tutte insegnanti e tutte accasate, e ora ha anche quattro nipoti. Rimasto vedovo, nel 2003 si è risposato con una friulana ("stavolta non prof, ma ragioniera"), Annamaria Picchetti, di Pordenone. Particolare curioso: «Non ci siamo conosciuti in Friuli, ma a Ischia, dove eravamo andati per le cure termali con lo stesso gruppo!». Comunque, il provveditore venuto dal Sud si è ben radicato in Friuli, in particolare a Udine, dove abita in un piccolo condominio di via Luigi Pio Tessitori, tra il viale Venezia e la chiesetta di San Rocco. Il suo affetto per la città di adozione è sottolineato da una maxi veduta di piazza Libertà, che quasi riempie una parete del suo salotto: l'ha commissionata ad Angelo Bullo, il pittore che vediamo spesso in giro a dipingere la vecchia Udine. Da pensionato, quando non scrive, passa qualche ora al Circolo ufficiali di via Aquileia a leggere i giornali e a giocare a biliardo. E la scuola, oggi, come la vede? «Mah. Da vent'anni ne sono fuori, ma da quello che sento e leggo, potrebbe andare meglio!».

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