Addio a Chessa, maestro di Alessia Trost

Aveva fatto crescere una generazione di atleti e portato la saltatrice sino alle Olimpiadi di Rio. Il saluto di amici e allievi
Fino a pochi giorni fa allenava i suoi ragazzi, quasi come se nulla fosse, nonostante la terribile malattia che aveva scoperto un anno fa. Anzi, lavorare lo faceva sentire bene, e desideroso di trasferire tutta la sua esperienza professionale e di vita. Lo sport italiano e il mondo dell’insegnamento piangono Gianfranco Chessa. L’allenatore di atletica leggera di Cordenons, 70 anni compiuti da poco, si è spento ieri notte in una stanza dell’ospedale di Pordenone. Lascia nel dolore la moglie Gabriella Conedera e le due figlie Giulia e Laura, atlete pure loro, e le nipotine.


Nato a Sassari il 19 febbraio 1947, si è trasferito a Genova e infine in provincia di Pordenone. Era un mezzofondista di buon livello negli anni 60, ma aveva capito molto presto che la sua vocazione era quella di allenare. La carriera di allenatore e insegnante di educazione fisica lo ha portato a trasferirsi nuovamente, stavolta dalla Liguria al Friuli. Conobbe una brava velocista della Gualf Udine all’inizio degli anni 80, appunto Conedera. Si innamorarono e si sposarono. Nacquero due figlie, Giulia, che correva nei 400 metri piani e che ha vestito anche l’azzurro prima di renderlo nonno, e Laura. Si era specializzato nel salto in alto. Ha allenato, dopo la Cus Genova, la Chimica del Friuli, l’Atletica Pordenone e l’Atletica Brugnera, qui al fianco di Ezio Rover e contribuendo alla svolta societaria, perché prima del suo arrivo nella società della Zona del Mobile si praticava solo il mezzofondo e poi ci si è lanciati a esplorare tutte le discipline.


Immensa la soddisfazione di vedere due sue atlete, Desirèe Rossit e Alessia Trost alle Olimpiadi di Rio. A Chessa però sono legati altri sportivi: Alberto Gasparin, Stefania Cadamuro, Sandra Cellamare, Vanessa Vlacancich, Francesca Paiero, e anche Serena Caravelli, sorella di Marzia e oggi fisioterapista. La stessa Marzia Caravelli e la pluricampionessa Cadamuro gli hanno tributato un commosso saluto sui social network.


Parallelamente Chessa ha insegnato educazione fisica al Kennedy di Pordenone, e a Conegliano. È stato coordinatore dell’ufficio di educazione fisica al Provveditorato di Pordenone. Chessa era umile e sensibile, e aveva patito molto il distacco dall’atleta più forte mai allenata, Alessia Trost. Una separazione che aveva toccato molto anche lei. Sintomatico che ieri Alessia si sia voluta chiudere nel silenzio. Anche Rossit ha preferito non dire nulla. E allora hanno parlato gli amici e colleghi di una vita. Pietro Tropeano ad esempio, presidente dell’Atletica Pordenone, vicepresidente regionale Fidal, che da medico ha conosciuto anche il Chessa malato. «Gli ho dato una mano a organizzare la convention di allenatori di salto a marzo. Fu un successone – ha ricordato Tropeano –. Mi diceva: “Pietro, dobbiamo trovare un giorno libero tra una terapia e l’altra per poterne organizzare un altro». È grazie anche al connubio Chessa-Tropeano se oggi Pordenone è dotata di una struttura al coperto dove poter fare atletica. È la grande eredità di Chessa, mentre il suo testamento sportivo restano Rossit e Trost. Non potrà ammirare quest’ultima agli imminenti Mondiali di Londra.


«Se ne va un gigante e un monumento dello sport italiano e internazionale» ha detto Guido Pettarin, presidente regionale Fidal. «L’ho visto 10 giorni fa in pista a Pordenone – ha invece ricordato Ezio Rover, delegato Fidal provinciale e assessore allo sport a Brugnera, padre della società di atletica – era un po’giù, ma grintoso. Pensava ancora ai suoi atleti». Tutti i messaggi di cordoglio finiscono con una parola che anche Friuli e Pordenone dovrebbero tributargli pubblicamente: grazie


Domani alle 19.15 la veglia funebre in sua memoria nella chiesa di San Pietro Apostolo a Cordenons, dove martedì alle 15.30 gli sarà tributato l’ultimo saluto. La famiglia ricorda a chi pensasse di portare dei fiori, che Gianfranco pensando alla nipotina Vittoria preferirebbe una donazione all’associazione “Un cuore un mondo Padova”.


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