Verso Udinese-Milan, l'intervista ad Ambrosini: «Oddo? Intelligente e intuitivo, farà una grande carriera»

L'opinionista di Sky racconta il mister bianconero, suo ex compagno di squadra al Milan, al quale lo lega un rapporto fraterno

In comune hanno il nome di battesimo (Massimo), la squadra con la quale hanno vinto qualcosa di sostanzioso (il Milan), ma anche una sorta di filosofia di vita che li ha portati, da quando si sono incontrati undici anni fa, a diventare “amici per sempre”. L’allenatore dell’Udinese Massimo Oddo e l’opinionista di Sky Massimo Ambrosini sono legati da un rapporto che va oltre quello di due semplici (ex) compagni di squadra. Si sentono, si vedono, si confrontano. E così per “Ambro” diventa facile parlare del tecnico friulano quasi quanto lo era per lui correre dal primo all’ultimo minuto in mezzo al campo con la maglia rossonera.

Ambrosini, Oddo in una recente intervista a Udinese tv ha dichiarato di aver sempre avuto ottimi rapporti con tutti, ma che se c’è un amico nel mondo del calcio quello è lei.

«Anche per me Massimo è una di quelle persone del mondo del calcio alle quali sono legato affettivamente».

Come è nata la vostra amicizia?

«Ci eravamo incrociati in maglia azzurra nei primi anni 2000, ma io in Nazionale facevo come la metropolitana: avanti e indietro. L’amicizia è nata al Milan. Lui ci arrivò nel gennaio del 2007: in quel periodo era uno dei migliori terzini in circolazione ed era ambito da parecchie squadre».

Arrivò al momento giusto nel posto giusto visto che in quella stagione in Milan vinse tutto.

«La carriera di un calciatore è spesso legata a momenti più o meno fortunati. Ma come ho detto prima lui in quel periodo era molto quotato».

Di Oddo, anche chi l’ha conosciuto agli inizi della carriera di calciatore, sottolinea la sua intelligenza definendolo anche una sorta di intellettuale del pallone. Può confermare?

«Era un ragazzo che aveva grande voglia di affermarsi. In lui c’era un lato irrazionale, una sorta di sana dose di pazzia che lo ha sicuramente aiutato nel corso della sua carriera a raggiungere determinati traguardi e nella quale mi riconoscevo perchè pure io sono un po’ così. Anche per questo ci siamo trovati subito in sintonia. In più, è vero, aveva una cultura superiore alla media dei calciatori».

Immaginava che Massimo avrebbe intrapreso la carriera di allenatore e che in così poco tempo sarebbe arrivato in serie A?

«Da compagno di squadra per come viveva il calcio non me lo vedevo su una panchina. Da giocatore non era così maniacale e attento alla cura dei particolari. Poi la vita lo ha portato a fare altre scelte e la base culturale di cui è dotato gli ha permesso di fare in fretta il salto di qualità».

L’Oddo allenatore è quindi diverso dall’Oddo calciatore...

«Massimo ha sempre avuto una profonda conoscenza di se stesso e di quello che pensava. Certo, questa è una qualità che se porti all’eccesso sfocia nella presunzione. Lui, però, è uno che sa cambiare idea, e impara dagli errori che commette. Sono qualità che fanno la differenza. É destinato a fare una carriera importante».

E Gattuso? A vederli in panchina lui e Oddo sono agli estremi: tanto è freddo il tecnico dell’Udinese quanto un vulcano quello del Milan...

«Il carattere delle persone è quello e non glielo cambi a quarant’anni. Rino è sempre stato un giocatore molto emotivo, in panchina è lo stesso, ma ci ha dovuto aggiungere la preparazione tattica di una gara. Sta dimostrando di avere idee, il suo calcio non è solo grinta e determinazione».

Gattuso sulla panchina del Milan viene considerato un traghettatore. Non rischia di essere per lui un’etichetta riduttiva?

«Un allenatore in una situazione del genere deve accettare la proposta e sfruttare l’occasione. Da parte della società non sarebbe nemmeno giusto promettere qualcosa che poi non sei in grado di mantenere. Un allenatore lo si valuta nel tempo e al momento si può dire che Rino si sta giocando bene le sue carte».

In corsa per il sesto posto che vale l’Europa League ci sono al momento quattro squadre: Sampdoria, Milan, Udinese e Torino. Tre su quattro hanno cambiato allenatore. Ma allora gli esoneri servono...

«Non c’è una regola fissa. Anche il Sassuolo con l’arrivo di Iachini ha cambiato marcia, mentre per esempio il Verona pare abbia fatto bene a resistere tenendo Pecchia».

Il tecnico che ha inciso di più subentrando in corsa, però, è stato proprio Oddo. Ha rivoltato l’Udinese come un calzino.

«É riuscito a fare in poco tempo quello di cui c’era bisogno andando anche contro quello che era il suo credo calcistico, ovvero la difesa a quattro. Ha saputo adattarsi alle caratteristiche dei giocatori che ha a disposizione e qui torniamo al discorso di prima: questo è segno di intelligenza. Lui era stato particolarmente scottato dall’esperienza di Pescara e voleva dimostrare all’opinione pubblica che non è quell’allenatore che aveva vinto in B ma non sapeva farlo in A».

Ma il cambio di rotta dell’Udinese si può spiegare soltanto con il cambio di modulo?

«Sicuramente no. Anche l’aspetto psicologico ha il suo peso. Un giocatore si sente a proprio agio quando gioca nel ruolo in cui rende meglio e questo lo porta di conseguenza a essere più libero di testa. I due fattori sono strettamente collegati».

Ma dove può arrivare questa squadra? C’è la possibilità di riaprire un ciclo con Oddo? E l’Udinese può essere un trampolino di lancio per il suo amico come lo è stata per altri allenatori?

«Quella di Udine è una piazza sana, dove c’è la pazienza di aspettare i giocatori. Massimo mi ha parlato di strutture all’avanguardia all’altezza dei club di primissima fascia. La linea dell’Udinese è stata tracciata da tempo».

Domanda ad hoc per uno come lei che ha fatto parte dello zoccolo duro di un grande club come il Milan. L’anima di uno spogliatoio si costruisce con i giocatori italiani o anche con quelli stranieri? A Udine non c’è stato un ricambio in questo senso dopo l’addio a Di Natale, Pinzi e Domizzi.

«Servono gli italiani. Poi puoi avere la fortuna di inserire in squadra degli stranieri che da tempo giocano nel nostro campionato e che hanno acquisito ormai la nostra mentalità».

Ambrosini, il Milan è guarito definitivamente oppure è bene che i tifosi rossoneri stiano sul chi va là?

«Il campionato del Milan ha sicuramente preso una piega migliore, adesso si ragiona di squadra, sono state fatte delle scelte ben precise sia a livello di modulo che di giocatori visto che giocano quasi sempre gli stessi ed è cresciuta l’autostima del gruppo».

Il Milan può ancora pensare di agganciare il treno che porta alla Champions League?

«No, il quarto posto mi sembra irraggiungibile, ma non da oggi. Lasciamo perdere Napoli e Juve che davanti stanno facendo corsa a sè, ma anche Lazio, Inter e Roma hanno qualcosa in più rispetto ai rossoneri».

Calabria e Cutrone titolari: questo significa che le scelte di mercato estive sono state sbagliate?

«Sicuramente alcuni giocatori hanno dato meno di quanto ci si aspettava, e mi riferisco soprattutto ad Andrè Silva, ma bisogna dare merito a questi ragazzi di aver saputo sfruttare l’occasione che è stata loro concessa».

Come valuta la generazione degli allenatori quarantenni: oltre a Oddo e Gattuso ci sono anche Di Francesco, i due Inzaghi...

«Non posso che pensarne bene. Non gli si può certo chiedere la gestione del tecnico esperto, ma il calcio è cambiato, questi sono allenatori che hanno comunque studiato e che portano nel loro lavoro passione e idee».

Lei lavora a Sky e nel corso di questa settimana si è fatto un gran discutere degli errori commessi nell’ultimo turno di campionato dagli arbitri nonostante l’aiuto del Var. Qual è la sua opinione?

«Indietro ormai non si torna, sicuramente ci sono ampi margini di miglioramento, ma ci sono errori ed errori. Lo sbaglio in occasione del gol annullato per fuorigioco al Crotone con il Cagliari è inconcepibile e credo che chi ha sbagliato debba pagare in qualche modo».

Ambrosini, un’ultima cosa: ci racconta almeno un aneddoto su Oddo?

«Chiedete a Massimo cosa gli dissi prima della gara di ritorno dei quarti di Champions a Monaco con il Bayern dopo il 2-2 dell’andata: “Se ci qualifichiamo vinciamo la Coppa”. Mi diede del matto, ma ci azzeccai. É stata l’unica volta che ci ho preso».

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