Tutti i conti dell'Udinese: respinto l’assalto del Covid con plusvalenze e alleanze, ora arriva l’estate della verità

UDINE. Nella bufera della crisi economica che attanaglia il calcio mondiale a causa del Covid, la buona notizia, oltre all’arrivo dei vaccini che faranno “rigirare la giostra” degli incassi da stadio, c’è quella più cara ai friulani: il vascello Udinese pare navigare in mari tranquilli, con buone prospettive per il medio termine anche grazie ad alcune scelte manageriali “figlie” proprio dell’emergenza e ai ritrovati risultati della prima squadra.
È quello che dicono il conto economico della spa bianconera relativo alla stagione 2019/2020, quindi fino allo scorso 30 giugno, e alcune operazioni finanziarie, fiscali e, soprattutto, di calciomercato condotte dopo quella data.
Sarà vera gloria? Il banco di prova ci sarà nella sessione di mercato estiva quando Gino Pozzo, a meno di improbabili conversioni sulla via di Bergamo (vedi progetto Atalanta dei Percassi) e cioè trattenendo i big, con la sessantina di milioni incassati dalle cessioni di Rodrigo De Paul e Juan Musso (milione più milione meno) dovrà rinforzare una squadra che tuttavia, grazie al lavoro di mister Gotti, ha già un’intelaiatura ben definita.
Conti in rosso
Ma andiamo per ordine e partiamo dalle note dolenti: il bilancio in rosso. Dieci milioni di passivo, contro il milioncino di utile del 2019. Il motivo è presto detto: il valore della produzione, il fatturato, è sceso a 67 milioni dai 113 dell’anno precedente. In particolare i diritti tv sono calati da 40 a 30 milioni – ma solo perché al 30 giugno non era arrivata l’ultima tranche di Sky in un campionato prolungato per Covid per 10 partite fino a inizio agosto – i ricavi delle gare scesi da 6,6 milioni a 5,4 perché gli abbonamenti sono stati incassati, ma gli stadi sono stati chiusi mezzo campionato e, soprattutto, le plusvalenze dalla vendita dei giocatori sono precipitate da 49 milioni del 2019 a “solo” 16 milioni.
Eccolo, dunque, il passivo di fatto però già azzerato in corso d’opera grazie alle operazioni di mercato concluse a inizio ottobre causa calendari impazziti per la pandemia.
La bufera covid
Sì, molto dell’ultimo bilancio bianconero è condizionato dal Covid e lo sarà perlomeno anche il prossimo. Nel male, ma, vedremo, anche nel bene. La chiusura degli stadi alla fine, per mancati incassi della scorsa stagione e l’assenza di campagna abbonamenti e botteghino di quella in corso hanno causato una perdita intorno a 8 milioni (cifra per difetto) a cui si devono aggiungere i mancati proventi dalla società Club House diversa dalla spa bianconera, ma nella stessa holding. E anche il mercato calciatori è stato condizionato dalla pandemia: pochi soldi in giro, niente vendite vantaggiose.

Scrivono gli amministratori nel bilancio spiegando le mancate cessioni nell’«incertezza del periodo e impossibilità di mettere a frutto delle vendite remunerative che pertanto sono state rimandate a periodi più favorevoli». Ogni riferimento a De Paul non è causale. Ma la filosofia del club, proprio nel conto economico, è spiegata chiaramente. Tre sono i cardini. Prendere o lasciare: «Mantenimento e sviluppo del fatturato e riduzione del rischio agonistico; gestione del patrimonio calciatori; controllo dei costi di gestione».
Insomma, più ricavi grazie allo stadio (9%), i diritti tv (45%) per mantenere agevolmente la serie A, plusvalenze dei giocatori per alimentare la società e controllo dei costi di gestione, con proprio la quarantina di milioni di diritti tv base solida per pagare gli ammortamenti dei calciatori, ma non lo stadio, che è già stato pagato al 95% in 7 anni grazie agli ammortamenti decrescenti.
Il decreto “agosto”
La novità, dirompente anche in chiave futura, è rappresentata proprio da una misura voluta dal Governo Conte in piena pandemia per aiutare le imprese: il decreto 104/2020, comunemente detto “decreto agosto” sulla rivalutazione dei beni d’impresa. Una manna per l’Udinese che, grazie a perizie indipendenti, ha rivalutato il valore del marchio da 4,8 a 67,8 milioni di euro, dello stadio da 6,7 a 56 milioni, prevedendo che, con la fine dei lavori negli spazi “commerciali” la struttura possa rendere una ventina di milioni l’anno, e, soprattutto, del parco giocatori, il cui valore è schizzato da 16 a 143 milioni. La somma totale è da capogiro: 284,8 milioni anziché 41,9.

Una cifra su cui l’Udinese, come dichiara nel bilancio, pagherà l’imposta del 3% sul maggior valore dichiarato. Poi dal 2024, con i nuovi valori meno gli ammortamenti nel frattempo intercorsi, si calcoleranno eventuali plusvalenze in caso di vendita.
Ma, attenzione: dall’esercizio 2024, grazie alla legge, con questa mossa i Pozzo potrebbero perfino vendere la società con un non irrilevante vantaggio fiscale.
La variante inglese
La solidità dell’Udinese calcio, insomma, non è in discussione, perché dopo il 30 giugno, ad esempio, da Fofana al Lens fino a Lasagna al Verona in gennaio, passando per Barak sempre all’Hellas, Mandragora alla Juve o Opoku all’Amiens, sono state messe a segno plusvalenze per circa 38 milioni. Ma Gino Pozzo ha anche comprato. Anzi, si è comprato due giocatori dal suo Watford, prima Pereyra a fine settembre e poi Deulofeu a fine gennaio. Si sarà fatto lo sconto forse, anche se, con i tifosi del Watford scontenti per la retrocessione, non avrà potuto abbassare troppo il prezzo.

Le cifre delle operazioni non sono state comunicate dai club, secondo il sito Transfermarkt, la Bibbia del mercato, il valore attuale dei due è di 10 e 12 milioni di euro. Tanti sono stati, non lo si era mai visto, gli affari tra Udine e Londra. Sema, tornato in Inghilterra dopo il prestito o Trost Ekong oltre Manica a titolo definitivo; oppure, nel febbraio 2020, la cessione di Pussetto da Udine a Watford con una plusvalenza dichiarata nel bilancio dell’Udinese di 3,5 milioni. Ora Pussetto, tornato qui in prestito, a quanto sarà ricomprato da Gino Pozzo a Gino Pozzo? Cinque milioni è l’attuale valore di mercato del buon Ignacio, ora infortunato, sempre secondo Transfermarkt.
Tutti affari “facilitati” dalla retrocessione in Championship del Watford per l’impossibilità di far giocare certi talenti nella B inglese. E se i “calabroni”, ora secondi in classifica, tornassero nella ricca Premier? Il precedente è da brivido per i tifosi bianconeri: dall’aprile 2015, mese della promozione dei “cugini” e della tranquilla salvezza di Stramaccioni a Udine, sono iniziati anni tribolati per la Zebretta. Ai Pozzo dimostrare che si è trattato solo di una coincidenza.
L’estate della verita’
E qui entra in scena lui, Gino Pozzo, l’uomo che da Londra muove i fili dell’Udinese. Vi abbiamo raccontato, analizzando i conti, d’una società solida, con uno stadio di proprietà, diritti tv assicurati per il futuro, e che aumenteranno grazie all’ingresso dei fondi tanto caldeggiato dalla “family” del pallone friulana nella società della Lega calcio che gestirà i diritti. È vero, il prossimo bilancio dovrà fare ancora a meno degli introiti da stadio (chiuso per tutta questa stagione), ma con i 38 milioni di plusvalenze “supplementari” tra fine estate, autunno e inverno, gli acquisti di Pereyra e Deulofeu sarebbero comunque stati coperti anche se Gino Pozzo inglese non avesse fatto sconti all’Udinese. Ora, con le inevitabili cessioni – il club bianconero per stare nel calcio che conta non può prescindere da questo, va detto – di De Paul e Musso, il club incasserà almeno 60 milioni e la sfida più intrigante per i tifosi, ma crediamo anche per lo stesso proprietario bianconero, che nell’arena del mercato è sempre andato a nozze, sarà quella di rafforzare una squadra che sta finalmente dando di nuovo l’impressione di seguire “un progetto”. Con quei soldi un ciclo “da Udinese” può essere aperto. Vedremo. Intanto, con il cataclisma del Covid e il calcio di tutto il mondo in bolletta, già partire da queste premesse è una gran bella cosa.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto