Ruggero Grava, emigrante del pallone: da Claut al Grande Torino fino a Superga

Nato un secolo fa in Friuli, è cresciuto come uomo e calciatore in Francia, lanciato dall’Amiens, il club del bianconero Ebosse

Alberto Bertolotto

Enzo Ebosse, difensore dell’Udinese, è nato e cresciuto ad Amiens. E nel club della città francese, nota per la cattedrale di Notre-Dame, ha vissuto gli anni formativi del settore giovanile. Era il 2005 quando vi è entrato: aveva 6 anni. Vi è uscito nel 2015, sedicenne e pronto a nuovi traguardi. Il 23enne franco-camerunense è legato a un filo sottile a un pordenonese, a un clautano che in Friuli viene ricordato ogni volta in cui i bianconeri affrontano il Torino. È Revelli Ruggero Grava, centravanti, calciatore del Grande Torino, che il 4 maggio 1949 perse la vita a Superga assieme a tutta la squadra. Anche lui militò nell’Amiens, clib che ora lotta per la promozione in Ligue 1.

La storia di Grava, probabilmente, Ebosse non la conosce, ma non è una colpa: appartiene a un’epoca molto lontana, per quanto nel suo sviluppo abbia temi molto attuali. Revelli Ruggero, all’Amiens, giocò una sola stagione, quella del 1942-1943. Un’annata che gli spalancò le porte del “vero” calcio. In Francia, Grava, vi arrivò ben prima, nel 1923, un anno dopo la sua nascita. Venne alla luce a Claut, figlio di Remo e Giovanna De Zan. Dopo il primo conflitto mondiale, su insistenza della moglie, Remo si trasferì Oltralpe, in cerca di fortuna. Lo raggiunse la famiglia, con Ruggero che diventò Roger. Saint Ouen, oggi inglobata a Parigi, era la base della famiglia. E il clautano dimostrò di avere talento per lo sport. Il centro Kleber, con la sua Societè de Peparation et d’Education Sportive, rappresentò la sua “culla”, dove praticò nuoto, boxe e calcio. Nel 1939 il centro Kleber chiuse, ma il problema si trasformò in un’opportunità. Grava passò all’As Roma, squadra di italiani residenti a Parigi. Si mise in mostra, guadagnando la chiamata dell’Amiens. Aveva 20 anni. Nel tempo andò a rinforzare l’Olympique Roubaix-Tourcoing, con cui vinse il massimo campionato francese del 1947. Era un centravanti forte: la sua strada era segnata.

Nel 1948 il primo viaggio in Italia per perfezionare l’accordo col Grande Torino, la formazione degli invincibili che cercava un vice di Gabetto. Grava giocò tre match: due amichevoli, in cui segnò una rete, un incontro di serie A, disputato col Genoa. Il 4 maggio del 1949, di ritorno in aereo da quella “maledetta” amichevole in Portogallo giocata col Benfica, lo schianto dell’aereo sulla collina di Superga. A bordo l’intera squadra del Torino. La sua salma venne trasportata alla corte d’onore del Parc des Princes e ora riposa nel cimitero di Saint Ouen.

Il mito di Grava ha resistito e resiste al logorio del tempo, specialmente a Claut. Il campo sportivo porta il suo nome. E chi l’ha visitato ricorda le targhe dedicate a lui, specialmente quella che commemora il 60esimo anniversario dell’incidente di Superga. Franco Giordani, cantautore clautano, gli ha dedicato una canzone in dialetto: Revelli. «Partì de la mont per èse un campion, nessun a né lo giàva», racconta dice una strofa: partire dalla montagna per diventare, nessuno ce lo toglie. «Ed è proprio questo l’aspetto che maggiormente rende orgogliosi noi clautani: pur nelle difficoltà, partendo da origini umili, Ruggero riuscì a diventare un fuoriclasse», afferma il sindaco di Claut Gionata Sturam.

Grava avrebbe compiuto quest’anno un secolo di vita. Iniziative per onorare la sua memoria ce ne saranno. In maniera speciale ne sarebbe orgogliosa Odile, sua sorella, scomparsa a novembre del 2021 a 97 anni. Viveva in Francia, ma non aveva mai reciso il cordone ombelicale che la legava a Claut. «Parlava meglio il nostro dialetto anziché l’italiano», ricorda sorridendo Sturam. A ogni iniziativa a ricordo del fratello veniva sempre informata. E vi presenziava, sino a quando la salute glielo permetteva. Quando era impossibilitata a esserci, lo faceva sapere tramite una lettera. Sono storie da raccontare. La leggenda deve continuare.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto