Riecco il Santa Cristina, dove ventotto anni fa nacque il mito Pantani

Il 5 giugno 1994 Marco Pantani fermò l’Italia per la prima volta. Accadrà altre volte ma quella resta nella storia. Perché il Pirata, prima maniera in maglia Carrera con ancora qualche capello in testa e ancora senza bandana, quel giorno fece anche conoscere al popolo del ciclismo l’insidiosa salita del valico di Santa Cristina, 13 km di salita fino a 1.448 metri di quota e 8% di pendenza media.
Un giorno prima a Merano vinse la tappa dopo una fuga per la vittoria sulle ultime rampe del Passo Giovo, nel tappone tra Val Camonica e Valtellina, proprio come quello di oggi o quasi, fece impazzire la maglia rosa, il russo Eugenio Berzin, meteora del ciclismo ma quell’anno imbattibile, e soprattutto sua maestà Miguel Induran, che nell’ultimo tratto della salita finale prima della picchiata dell’Aprica, dopo aver sofferto le pene dell’inferno sul Mortirolo ma essere tornato sotto al Pirata, cedette nettamente cominciando a capire che il tris rosa in quel 1994, dopo la doppietta 1992-1993 sarebbe stato impossibile.
Danzava sui pedali Pantani. Aveva 24 anni, in quel tappone – era l’epoca del Giro trasmesso su Mediaset con De Zan junior al microfono (esperienza che svegliò un poco e modernizzo mamma Rai dopo anni di sonni tranquilli senza concorrenza) – fece capire agli italiani, incollati alla tv, che oltre Bugno e Chiappucci poteva esserci qualcosa di più forte, anche emotivamente parlando.
Scattò Marco. Sul Mortirolo. Poi sul Santa Cristina. Entusiasmò. Finì secondo in quel Giro, a 2’51” dal russo, quel 5 maggio mise le basi per una carriera breve, travagliata, da leggenda. Che finirà in pratica, pensate bene, ancora in un 5 giugno, ma del 1999 con i fattacci di Madonna di Campiglio.
Il giorno dopo i corridori avrebbero dovuto affrontare Mortirolo e Santa Cristina, ma lui era stato rimandato a casa per valori dell’ematocrito anomali. Oggi? Non ci sarà un Pantani, ma tanto terreno per far male agli avversari, proprio come fece Ivan Basso in maglia Liquigas, sostenuto da un giovane Vincenzo Nibali, prendendosi il Giro 2010.
Cinquemila metri di dislivello, infinita salita iniziale con il Golletto del Cadino (oltre 30 km fino a quasi quota duemila), il Mortirolo, versante più “morbido” di Monno ma ultimi 3 km duri, il breve ma insidioso Teglio e, prima della picchiata all’Aprica, il Santa Cristina. Obbligatoriamente oggi la montagna Pantani.
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