L’Udinese si gode Pereyra, il capitano silenzioso che parla solo sul campo
In estate lo voleva il River Plate: poteva andarsene, ma non ha puntato i piedi. È il bianconero che percorre più chilometri a partita

UDINE. Di Natale ha sempre sostenuto che, dopo Sanchez, è stato il suo compagno più forte all’Udinese. Mica male come complimento per Roberto Maximiliano Pereyra, il capitano dell’Udinese rivelazione di queste prime sette giornate di campionato. In Friuli il “Tucu” ha sempre avuto grandi estimatori: il primo, Gino Pozzo che lo portò in Italia nell’estate del 2011 versando nelle casse del River Plate 2 milioni di euro.
Classificato come esterno, Pereyra raramente ha giocato in quel ruolo in Italia: Guidolin lo spostò mezzala e lì ha giocato anche alla Juventus nelle due stagioni in cui è rimasto a Torino. Era un centrocampo, quello dei campioni d’Italia, che schierava gente del calibro di Marchisio e Pogba, eppure Pereyra si ritagliò uno spazio importante a dimostrazione del suo valore.
La sensazione che non abbia espresso tutto il suo potenziale è abbastanza comune. In Inghilterra, al termine della seconda annata juventina caratterizzata da qualche malanno di troppo, è finito al Watford, con tutto il rispetto non una squadra di prima fascia. Quando è tornato a Udine i tifosi hanno fatto festa perché per un club di medio livello come quello bianconero Pereyra è un giocatore top.
I numeri lo confermano. Nel primo campionato della sua seconda versione friulana il “Tucu” ha messo assieme 34 presenze segnando 5 gol, record personale che aveva già collezionato proprio in bianconero nel campionato ’12-’13 giocando 37 partite.
Lo scorso anno ha avuto una flessione condizionato anche dall’infortunio alla clavicola che lo ha messo ko a novembre con il Genoa privando Gotti, esonerato a inizio dicembre, di una pedina fondamentale. Le presenze, alla fine, sono state 24 , con l’aggiunta di tre reti.
In estate, considerando anche che ha il contratto che scade nel 2023, si era ipotizzato di una sua possibile partenza. In Argentina, non è un mistero, lo voleva il River Plate, la squadra nella quale è cresciuto. La tentazione di tornare in Argentina c’è stata, ma a differenza di tanti altri colleghi il “Tucu” non ha puntato i piedi anche per una questione di riconoscenza visto che è stata l’Udinese il suo trampolino nel calcio europeo. In Friuli, poi, sta bene, sente l’affetto dei tifosi e la stima dei compagni.
E con Sottil si è creato un feeling speciale come dimostra anche il cambio di ruolo. Quando il tecnico, la settimana precedente alla gara di Monza, gli ha chiesto la disponibilità a trasferirsi sulla fascia in un ruolo decisamente più dispendioso, Pereyra ha risposto subito presente. E come d’incanto il suo rendimento ha avuto una crescita lenta ma costante.
Sempre schierato titolare, solo con l’Inter è stato sostituito quando mancavano più di venti minuti alla fine, mentre con la Fiorentina è uscito al 79’ e con la Roma all’85’. Ha segnato un gol (quello del 3-0 alla Lupa) e fornito quattro assist: a Masina contro il Milan, a Lovric con la Roma, a Beto e Samardzic col Sassuolo. Non viene considerata assist la punizione da cui è nato l’autogol dell’interista Skriniar. Ma c’è un altro dato che impressiona più di tutti: è il giocatore a disposizione di Sottil che percorre più chilometri di media a partita: 10,600. Subito dietro Walace (10.251) e Deulofeu (10.018).
Capito? I due uomini di maggior qualità ci mettono anche tanta quantità. Anche questo è uno dei segreti dell’Udinese di Sottil.
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