L’Udinese di Gotti nata da quel tremendo 7-1 che non va dimenticato

La storica sconfitta del 2019 fu l’ultima trasferta di Tudor Da allora più equilibrio tattico, come dovrà essere domani 
Pietro Oleotto

UDINE. Può una sconfitta segnare il destino di un allenatore? Di solito no, ma se si tratta di un 7-1 bissato pochi giorni dopo da un 4-0 in casa allora tutto è possibile. È nata così l’Udinese di Luca Gotti, vice di Igor Tudor che a Bergamo, il 27 ottobre 2019, visse la sua ultima trasferta sulla panchina bianconera, visto che dopo averle prese di santa ragione subito dopo, nel turno infrasettimanale, anche dalla Roma, tra l’altro il dieci per un’ora, su sollevato dall’incarico. E a testimonianza che fu tutto tremendamente veloce e sportivamente umiliante, al posto del croato fu messo il tecnico di Contarina, prima col ruolo di “supplente”, poi a furia di risultati capaci di convincere anche il diretto interessato, da capo-allenatore.

Il destino
Vista dopo un anno e mezzo, valutato il lavoro dell’erede Gotti, si può dire che quella Caporetto portò l’Udinese a trovare la guida giusta, ma il fato – come lo chiamavano gli antichi – anche nel calcio ha il suo peso, tanto che a volte il calendario sembra davvero uno scherzo per i suoi intrecci, le motivazioni, i ricordi che si sovrappongono. Prendete l’appuntamento di domani, quello della 29ª che manderà in scena tutte le partie in una giorno, come raramente accade. Ebbene, l’Udinese farà visita all’Atalanta come non accade da quel 7-1 fatale a Tudor che invece vivrà un derby di fuoco a Torino, lui che adesso è vice di Andrea Pirlo alla Juventus. Chissà se oggi, guardando il menù della serie A, si ricorderà della fatal Bergamo...

Gli insegnamenti
Di sicuro con Gotti l’Udinese, nel corso dei mesi, è diventata decisamente più equilibrata. Non è una questione neppure di modulo, quanto piuttosto delle convinzioni dell’attuale allenatore bianconero che ha sempre sfoderato questa “parolina magica” quando qualcuno gli ha fatto notare che l’Udinese a volte è fin troppo arroccata, poco spregiudicata, quasi sparagnina. Questione di punti di vista, si dirà: la rosa che avrebbe dovuto avere tra le mani Gotti in questa stagione prometteva bene, era ricca di alternative e di talento, magari poco convincente in determinati ruoli, ma difficilmente un club che lotta per emergere della seconda parte della classifica può proporre una squadra davvero completa. Questione di bilancio, di investimenti che non possono essere a 360 gradi. E se a questo aggiungiamo l’imponderabile – leggi assenze e infortuni – ti accorgi che l’Udinese è in linea con le aspettative anche se non è la squadra progettata sulla carta da Gino Pozzo e i suoi collaboratori. Di conseguenza quello del tecnico di Contarina deve essere definito realismo. È con la “bandiera” che sventolerà anche nelle ultime dieci giornate di campionato assieme all’equilibrio tattico che ormai possiede nel proprio Dna questa Udinese.

Le prospettive
Tutto ciò non significa che sul navigatore bianconero sia stata impostata la modalità “tirare a campare”. Per chiudere l’argomento salvezza mancano ormai pochi punti, ma sarebbe davvero un segnale importante trovare delle motivazioni agonistiche negli ultimi due mesi. Lo stesso tecnico ci spera, anche perché resta sostanzialmente sotto esame da parte della proprietà che vorrebbe godersi, assieme ai tifosi, un finale in crescendo, anche se sono quattro le big da incontrare in dieci giornate, a cominciare dall’Atalanta: il rinnovo del contratto non è ancora arrivato, un ulteriore messaggio dal campo non potrebbe essere trascurato

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