L’ARIETE COMPIE 60 ANNI AUGURI ROBERTO PREMIER

Sessant’anni e non sentirli. Il mondo del basket celebra oggi il compleanno di uno dei giocatori che ha scritto pagini indelebili di storia della palla a spicchi. Stiamo parlando di Roberto Premier, nativo di Spresiano ma goriziano d’adozione, tanto che ancor oggi vive nel capoluogo isontino.
La carriera. Dopo aver appreso le basi della pallacanestro nel trevigiano, Roberto Premier fa il suo debutto in serie A nel 1978 con la Pallacanestro Gorizia all'epoca targata Pagnossin. In riva all’Isonzo il ragazzo decolla e con lui la squadra: in tre anni raggiunge i quarti di coppa Korac, la promozione in A1 e gli ottavi di finale dei play-off scudetto. Nel 1981 passa all’Olimpia Milano, con la quale resterà per otto anni, vincendo cinque scudetti, due Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e una Coppa Korac. Nel 1989 passa al Messaggero Roma dove vince una Coppa Korac nel 1992. In maglia Azzurra ha collezionato 80 presenze, con 369 punti all’attivo e due medaglie ai campionati Europei: bronzo a Stoccarda 1985, argento a Roma 1991. La sua carriera da allenatore non può che partire da Gorizia, nella stagione 2003/04. Aneddoti. Se a Gorizia ha spiccato il volo, è a Milano, nelle “scarpette Rosse”, che Premier è diventato un mito della pallacanestro tricolore, tanto che recentemente gli è stato dedicato un videoclip intitolato “Uomini di Olimpia”. Punto di partenza proprio il passaggio dalla Pallacanestro Gorizia all’Olimpia Milano, non senza difficoltà: sulla panchina isontina stava per arrivare Mario De Sisti, che voleva a tutti i costi avere con sé Premier, salvo poi lasciarlo partire alla volta della città meneghina. «Volevo provare quell’avventura – racconta Premier - quando De Sisti capì, mi disse “vai avanti per la tua strada e fai quello che sai fare”. Era la prova del nove, ed ero tranquillo, non avevo nulla da perdere». Si parla anche di difesa e di Dan Peterson, che dopo un 3 su 3 al tiro lo toglieva dal campo perché l’avversario diretto, approfittando di una marcatura poco attenta, segnava altrettanti canestri («ma Dan usava una scusa, mi diceva che dopo un 3 su 3 avrei forzato il tiro successivo»). Premier aveva un grande feeling col canestro avversario, era capace di entrare in trance agonistica e prendersi quelli che al giorno d’oggi vengono definiti “tiri ignoranti”, ovvero quelle conclusioni dettate da puro istinto: «Non guardavo in faccia a nessuno, a volte tiravo senza sapere né il punteggio, né il tempo. Il destino ha voluto che la maggior parte dei tiri entrasse nei momenti decisivi». Stupenda e pittoresca la descrizione del rapporto con Mike D’Antoni: «Quando sono arrivato a Milano, i primi 4-5 passi li ho presi in faccia. Lì ho capito come dovevo muovermi in campo, Mike ti metteva la palla in mano così bene che mancava solo la scritta sul pallone “se non fai canestro sei un pirla”». Su Dino Meneghin: «Il sogno di ogni guardia nella sua vita cestistica era uscire da un blocco di Dino e ricevere una palla da Mike, io l’ho realizzato per otto anni». Indimenticabile la gara-cinque della finale scudetto di Livorno nella stagione 1988/89. Milano avanti di un punto, Forti realizza il sorpasso sulla sirena, il pubblico toscano invade il campo convinto della vittoria: nel parapiglia Premier viene colpito, reagisce, scatta una rissa furibonda. Viene tratto in salvo e imboccando il tunnel degli spogliatoi rivolge il dito medio ai tifosi di casa. Livorno intanto festeggia, ma il canestro di Forti era arrivato fuori tempo massimo. «Sapemmo di aver vinto lo scudetto negli spogliatoi da Tony Cappellari, La partita era finita da almeno mezz’ora». Grande e folle Premier, buon compleanno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto