La sconfitta di 101 anni fa nella finalissima con il Vado quando segnò Levratto

UDINE. Centouno anni di storia pieni di tentativi, d’imprese sfiorate e soprattutto di ben poche soddisfazioni, senza mai riuscire a iscrivere il proprio nome sull’albo d’oro della competizione.
Ecco cos’è stata finora la Coppa Italia per l’Udinese. E dire che mai come la prima volta in cui la disputò la Zebretta sfiorò la vittoria del trofeo, arrivando fino alla finale della prima edizione del 1922, quella disertata dalle grandi del calcio italiano, a cui parteciparono solo 37 compagini.
In quel 16 luglio del ’22 fu il Vado a sfidare sul proprio campo i bianconeri, reduci dai turni superati con Feltrese, Triestina, Novese e dalla tiratissima semifinale con la Lucchese, battuta due volte a Udine, dopo che la Figc fece ripetere la prima semifinale conclusa 4-3, accogliendo il ricorso dei toscani che avevano contestato la distanza ridotta, inferiore di 11 metri, del dischetto del rigore dalla porta.
Nel replay, gol decisivo di Moretti, e via verso la finale contro i liguri, inferiori di categoria, ma sospinti dal loro pubblico, al punto che l’Udinese non riesce proprio a passare. Nessun gol nei 90’ e neanche nei trenta minuti supplementari che proseguono a oltranza, con l’arbitro Pasquinelli di Bologna che lascia ancora giocare, decidendo di sospendere la partita per oscurità, ma solo in caso di ulteriore parità. In tal caso, secondo il regolamento di allora, sarebbe stata l’Udinese a ospitare la finale di ritorno due giorni dopo.
A spezzare l’equilibrio ci pensò invece il 17enne Virgilio Felice Levratto, tanto imprendibile nella sua discesa sulla sinistra, quanto potente con la botta mancina che squarciò la rete e fece piangere l’Udinese, decretando la fine della partita, prima di essere portato in trionfo.
Da quel giorno Levratto fu soprannominato “sfondatore di reti”, e chissà se è stato anche per quel gol con cui decise la prima finale di Coppa Italia, che il suo nome finì dritto in una canzonetta del Quartetto Cetra. Correvano gli Anni Sessanta quando il famoso gruppo italiano cantava in coro «Oh, oh, oh, oh che centrattacco! Oh, oh, tu sei un cerbiatto, sei meglio di Levratto, ogni tiro va nel sacco!».
Il pezzo s’intitolava “Che centrattacco!”, con il ritornello più orecchiabile a ricordare proprio le gesta di Levratto, uno dei migliori attaccanti anteguerra, arrivato fino al bronzo alle Olimpiadi con la Nazionale dopo le molte reti segnate per Vado (50 in 53 partite), Verona, Genoa, Ambrosiana Inter, Lazio e Savona, fino a concludere la carriera allo Stabia e alla Cavese.
Eccolo qui l’amarcord più doloroso per la Zebretta, che in Coppa Italia non ha mai fatto tanta strada, anche se poi furono le semifinali perse nel 2001 col Parma, nel 2005 e nel 2010 con la Roma, e quella con la Fiorentina del 2014, a riempire il calice di amaro.
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