Guidolin: «L’Udinese di Milano mi ha convinto»

L’ex tecnico bianconero: «Ho visto una squadra in crescita, Cioffi è bravo, può aprire un ciclo». E sui singoli: «Mi sono piaciuti Ebosele e Zemura, hanno il motore per coprire tutta la fascia»

Massimo Meroi

Sabato pomeriggio, quando l’abbiamo chiamato per chiedere la sua disponibilità all’intervista ci aveva detto: «Occhio all’Udinese, stasera a Milano può fare il colpo».

Francesco Guidolin ci ha preso proprio e il giorno dopo si gode il successo dei bianconeri: «Da tifoso sono contento, ci voleva».

E allargando lo sguardo al calcio Triveneto aggiunge: «Il Venezia sta andando forte in B, il Cittadella continua a essere un modello di organizzazione, la Triestina e il Padova sono seconde in C.

Sono felice per Paolo Vanoli che ho avuto come giocatore a Bologna e per Tesser, una garanzia assoluta in panchina».

Guidolin, partiamo dall’Udinese.

«I tre punti di Milano sono ossigeno puro. Confesso che ero un po’ preoccupato per la partenza piena di difficoltà. La prestazione dell’altra sera mi ha convinto, se non è stato un fuoco di paglia l’Udinese si salverà con tranquillità».

Da cosa deriva questa sua convinzione?

«Ho visto una squadra viva, generosa, che ripartiva sempre. Mi sono piaciuti i due esterni Ebosele e Zemura: hanno spinto sempre dimostrando di avere un motore potente».

Quindi non ci sarà uno Zoncolan da scalare per l’Udinese?

«Direi di no».

Nel 3-5-1-1 c’è Pereyra ad agire da trequartista: l’argentino esordì in serie A con lei a Udine...

«Lui è bravo in quel ruolo, ha la generosità per fare bene entrambe le fasi, fa densità tra le linee favorendo gli scambi con le mezzali».

Delneri sostiene che il secondo anno all’Udinese per un allenatore è sempre il più difficile perché dopo aver costruito la squadra, poi perdi due-tre pezzi e devi ricominciare da capo.

«Per esperienza personale non sono d’accordo con Gigi. Peraltro, dopo essere arrivati quarti al primo anno, arrivammo terzi l’anno dopo e quello fu il vero capolavoro.

Certo, se non avessimo venduto Inler e Sanchez avremmo potuto lottare per qualcosa di più della zona Champions».

Frosinone e Lecce sono state le squadre rivelazione di questo inizio di stagione.

«Vero, ma prima di dare giudizi definitivi le attenderei sulla lunga distanza. Di certo hanno proposto qualcosa di positivo con giovani interessanti».

Il Bologna è quasi in zona Europa, non accadeva dai suoi tempi e parliamo degli anni a cavallo del Duemila.

«La squadra è ben allenata, Thiago Motta è bravo, ma poi se non hai giocatori di qualità non puoi pensare di fare 18 punti in 11 giornate».

L’Inter è considerata da tutti la grande favorita del campionato. Concorda?

«Sì, è la più forte, la finale di Champions ha regalato autostima e consapevolezza, se non capitano sbandamenti o infortuni dei giocatori più importanti è destinata a vincere lo scudetto».

Sanchez è tornato a Milano accettando di fare la quarta punta. Se l’aspettava?

«Gli anni passano per tutti. Comunque quando l’ho visto giocare mi è sembrato frizzante, incisivo, un giocatore sul quale Simone Inzaghi può contare».

Si ricorda quando lo sostituì a Palermo sul 7-0?

«Certo, se non lo toglievo, finiva 10-0...».

A proposito di Palermo, i siciliani sono nelle zone alte della classifica in B.

«Spero tornino in A come pure il Parma che al momento mi sembra la squadra migliore. E vedo bene anche il Venezia dove ho chiuso la mia carriera di calciatore. Faccio il tifo per Paolo Vanoli, l’ho avuto come giocatore a Bologna. Tre piazze così importanti ci stanno bene in serie A».

Il “suo” Vicenza, invece, non riesce a risalire.

«Non conosco bene la realtà, ma è un peccato perché la gente è appassionata, c’è un’atmosfera inglese».

Un pensiero su Cittadella e Triestina?

«Il Cittadella è un esempio di progettualità, un po’ come lo era a suo tempo il Chievo in serie A. Nella Triestina c’è un allenatore, Attilio Tesser, sinonimo di garanzia».

Lo scorso anno l’Italia ha portato tre squadre ai quarti di finale di Champions. Il bis è possibile?

«La vedo più difficile, perché ci sono alcune squadre superiori. Poi, come sempre, molto è legato al sorteggio».

Raspadori può essere il nuovo Di Natale?

«Qualche tempo fa avevo detto che era un mix di Gerd Muller, Anastasi e Butragueño, però ci sta anche il paragone con Totò: è veloce, ha senso del gol. Certo devi rinunciare alla palla alta e puntare sugli scambi e sulle imbucate».

A proposito di attaccanti, Spalletti di Scamacca ha detto che è il centravanti perfetto costruito al computer.

«Vero, perché ha tutto. Ora all’Atalanta sta venendo fuori, mi aspettavo sbocciasse prima. Però con Gasperini è in mani buonissime».

Quando è stato introdotto il Var lei già non allenava più. Come valuta l’uso che viene fatto?

«Lo userei il meno possibile anche perché non è sinonimo di perfezione, questo è bene chiarirlo. E poi i tempi morti non fanno il bene del calcio».

E con questa a volte esasperata costruzione dal basso come la mettiamo?

«Io credo sia una opzione valida, ma ultimamente vedo tanti di quei strafalcioni tra portieri e difensori che mi chiedo se valga la pena o no correre determinati rischi.

Se vuoi invitare al pressing l’avversario e poi uscire con la palla per ritrovarti a ripartire in superiorità numerica va bene, ma prima bisogna valutare le caratteristiche dei giocatori che hai in rosa».

Lei ha allenato in Francia. Cosa ha pensato domenica scorsa quando ha visto le immagini di Fabio Grosso con il volto insanguinato?

«D’istinto mi sono detto che bisogna dare un giro di vite a certi comportamenti. Il fatto è accaduto fuori dallo stadio, ma devono muoversi tutti: istituzioni, club. Certo, poi, vedi che siamo circondati dalle guerre e allora ti dici: “ma di cosa stiamo parlando?”».

Cosa può passare per la testa di un allenatore che vive una situazione come quella di Grosso?

«Immagino che si sia chiesto se valga la pena rischiare la vita per fare questo mestiere. Ma Fabio, che è stato pure lui un mio giocatore a Palermo, è giovane e di questa brutta avventura gli resterà solo un brutto ricordo. Lui al Lione ci ha giocato e ha accettato una situazione di emergenza della squadra».

Capitolo scommesse: che idea si è fatto dei casi di Fagioli e Tonali?

«Sarò ingenuo, ma pensavo che non esistessero rischi di questo genere. E invece con l’uso dei social tendono a isolarsi. Trascorrono le giornate davanti a un tablet o un computer quando dovrebbero uscire e stare in mezzo ad altri giovani della loro età».

Il Newcastle, con Tonali indagato e quasi reo confesso, lo ha fatto giocare. Se un club di casa nostra avesse schierato un giocatore inglese accusato di scommesse, all’estero avrebbero commentato: “Ecco i soliti italiani”. Non crede?

«Probabilmente ci saremmo presi questa critica, ma come per la giustizia ordinaria fino a quando il processo non finisce uno rimane innocente».

Il presidente del Brasile Lula e Romario non vogliono Ancelotti ct del Brasile.

«Ho letto e ho anche saputo che hanno usato dei toni pesanti. Mi dispiace perché stiamo parlando di un allenatore top oltre che di una persona bellissima».

Capello ha detto che Ancelotti è il tecnico numero 1 al mondo.

«Fare queste classifiche è sempre difficile. Carlo ovunque è andato ha vinto. Io lo metto sul podio assieme a Guardiola e Klopp, ma non chiedetemi l’ordine».

Tra i giovani chi le piace di più?

«Palladino sta facendo bene, ma ha anche a disposizione un’ottima squadra. Io credo che Cioffi all’Udinese possa fare molto bene, lo conosco e sono convinto possa aprire un ciclo».

Perché non sentiamo più Guidolin come seconda voce nelle telecronache di Dazn?

«Perché ho scelto di fare il nonno, ora che, dopo Gabriel, è nata anche la seconda nipotina Gia. I miei viaggi a Londra dove vive mio figlio cozzavano con gli impegni delle telecronache e quindi, anche se l’esperienza è stata bella e mi dicevano che ero bravo, ho preferito fermarmi».

Niente più commentatore tecnico e niente più allenatore. Guidolin ha chiuso con il calcio?

«Ci sarebbe un ruolo che accetterei ed è quello, di fatto, che avrei voluto fare a Udine, ovvero una sorte di consulente dell’allenatore, che poi è come il responsabile dell’area tecnica.

L’esperienza conta ancora e mi piacerebbe metterla a disposizione. Altrimenti va bene così, dal calcio ho già avuto tanto».

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