Giada Rossi in visita al Messaggero Veneto, la campionessa di Parigi 2024: «Sono già al lavoro per Los Angeles»

«La partita del torneo più complicata è stata quella in semifinale: ma una volta superata ho capito che me la sarei potuta giocare»

Simone Narduzzi
Giada Rossi all’opera in veste di nostra collega osserva la pagina uscita per celebrare il suo trionfo a Parigi
Giada Rossi all’opera in veste di nostra collega osserva la pagina uscita per celebrare il suo trionfo a Parigi

L’umiltà del suo ingresso in redazione: una ragazza e la sua medaglia. Le chiacchiere in una stanza, quasi quell’oro al collo non fosse ingombrante. Lucente. Unico. Simbolo dell’impresa portata a termine, a inizio settembre, da Giada Rossi. Da Poincicco di Zoppola alle Paralimpiadi di Parigi. In mezzo Europei, Mondiali, i podi ai giochi di Tokyo e Rio. Racchetta in mano, Friuli nel cuore. E quell’oro al collo.

Sembra pesante. Conferma?

«Sì, pesa 545 grammi. Dentro, nella forma esagonale, c’è un pezzo originale di torre Eiffell, di quando l’hanno ristrutturata, ho il certificato! Il retro, invece, ha la visione della torre vista dal basso».

E quei raggi?

«Ho scoperto da poco che richiamano la planimetria di Parigi. Dall’Arco del trionfo partono tutte le strade: il senso è quello».

Giada Rossi in redazione al Mv: "Ecco la medaglia d'oro, bellissima... ma quanto pesa!

Questa però non è la sua prima visita qui, è corretto?

«Ormai il Messaggero Veneto ed io siamo amici. Mi avete sempre seguita, da quando ho iniziato a gareggiare, passo sempre volentieri, prima di una gara, ma anche dopo, come in questo caso. Ricordo la battuta che mi fece il vostro attuale capo-redattore Bacci: prima di partire per Rio, anagrammò chiedendomi gli ori. È passato qualche anno, ma gli ori sono arrivati».

E al termine di un’avventura incredibile. Ci riassume quelle emozioni?

«Un’emozione grandissima. L’obiettivo era andare in finale, ci stavo lavorando da tanto. La partita più adrenalinica e più nervosa è stata senz’altro la semifinale: vincevo 2-0, poi siamo andate sul 2-2. E poi ho vinto. Lì ho realizzato che me la sarei potuta giocare».

Certo, contro la fortissima cinese Liu Jung.

«Era ormai alla sua decima finale consecutiva. Ma col direttore tecnico mi ero allenata per affrontarla. Psicologicamente, poi, non avevo pressioni. Pian piano ho fatto le cose provate in allenamento e mi son caricata. Ho vinto 3-0, ma la partita è stata tutt’altro che semplice e veloce».

La pongista festeggia con l’oro a Parigi 2024
La pongista festeggia con l’oro a Parigi 2024

Al suo rientro è iniziato il tour della vittoria. Non si è stancata ormai?

«Vincere è bello, ma il percorso che fai per vincere è condiviso con tanta gente. E quindi è fantastico poter incontrare le persone, festeggiare con loro: non dico mai di no agli inviti. Questi Giochi, in particolare, sono stati seguiti da molte persone. Capita allora che in moti mi fermino per strada: anche questo è un lato bello, il poter condividere la vittoria con tutti».

Anche con gli altri campioni, suoi colleghi.

«In regione ce ne sono tanti. Ho seguito la gare di Mara Navarria, ho fatto il tifo per lei. Le ho scritto e lei ha scritto a me quando ho vinto. C’è poi un aneddoto legato all’oro vinto da Daniele Molmenti nel 2012. A una festa fatta a quel tempo, ricordo che mi disse di toccare la medaglia d’oro, perché porta bene. La toccai quella volta e anche poco tempo fa, nel decennale dalla sua vittoria. E ha portato bene, perché poi vinsi il Mondiale, ora le Paralimpiadi».

E adesso, cosa la attende?

«Adesso si apre un nuovo percorso, di altri quattro anni. Poi, al momento, sono campionessa europea, mondiale e paralimpica in carica. Quindi, da qui ai prossimi Giochi di Los Angeles, dovrò cercare di confermare questi risultati. So che sarà impegnativo, perché un conto è essere quella che insegue, un altro essere quella che viene inseguita. Ma mi sono già rimessa al lavoro».

Con la stessa umiltà del suo ingresso nella nostra redazione. E con quell’oro al collo.

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