Dal Cin sfoglia l’album dei ricordi: «Litigai con Sanson per avere Delneri...»

UDINE. Il suo nome resterà per sempre legato all’affare Zico, perché fu Franco Dal Cin a confezionare l’arrivo all'Udinese del campione brasiliano nel 1983, ma chi conosce la storia delle Zebrette sa bene che Dal Cin è stato il primo grande direttore generale dell’Udinese, un imprenditore ricco di idee e applicazioni, come ama definirsi, prestate al calcio.
Fu lui, primo in Italia, a introdurre lo sponsor, mettendo il nome sui pantaloncini dell’Udinese. Erano i tempi dell’era Sanson e di Giacomini, dell’Udinese del “triplete”, col doppio salto dalla C alla A tra il 1977 e 1979, della conquista della coppa Italia di serie C e del torneo Anglo-italiano.
Dal Cin, apriamo l’album dei ricordi partendo da quella Spa costituita nel 1976, con capitale sociale formata dall’azionariato popolare e dalle quote di Lino Midolini, Angelo Da Dalt e dall’industriale Teofilo Sanson, dove lei era il direttore generale.
«Ho conosciuto Sanson nel 1968 a Chioggia, e con lui partì il progetto di prendere una società triveneta e di portarla in A. Trattavamo il Padova e il Venezia. Poi ci incontrammo con Brunello a Udine, dove lo stadio Friuli era quasi completato e decidemmo di prendere l’Udinese».
Fu quindi l’incentivo del nuovo stadio a convincervi?
«Potevamo pensare in grande, ma prima di acquisire la società ci eravamo preparati investendo sul settore giovanile. Avevamo il Conegliano, il Clodia Sottomarina, avevamo i migliori giovani e i vari Gerolin, Papais, Billia furono l’ossatura della Primavera bianconera che vinse il titolo nel 1981 con Ferrari».
Per chi non lo ha conosciuto, può descrivere il presidente Teofilo Sanson?
«Era disponibile per qualsiasi cosa e i friulani credo che se lo ricordino bene. Ai tempi del terremoto salì in Carnia, fece una tendopoli, cucinava insieme alla gente e consolidò immediatamente il rapporto con i tifosi. Dopo le partite partecipava alle grigliate con loro nel piazzale dietro la tribuna. Era effervescente, un tifoso sanguigno che a volte bisognava fermare. Con Sanson si viveva di emozioni».
Le quote le aveva anche Midolini...
«Era la figura più importante, la logica, la fermezza, l’uomo che c’era sempre e che costringeva Sanson a restare coi piedi per terra».
L’Udinese della doppia promozione è anche e soprattutto l’Udinese di Massimo Giacomini. Come lo avete scelto?
«Giacomini non aveva curriculum, ma dava certezze per la sua personalità».
Giacomini che rischiò l’esonero dopo la prima promozione nel 1978?
«A Sanson piaceva partecipare, a Giacomini piaceva essere il capo branco e a volte per cementare la squadra la metteva contro la società, e a Sanson non gli andava giù».
In quell’Udinese della prima promozione dalla C1 alla B nel 1978, spiccarono Nerio Ulivieri e Luigi Delneri.
«Per Delneri quasi rompemmo io e Sanson. Teofilo non si interessava molto di mercato, ma quel giorno casualmente mi disse: “Ninin – lui mi chiamava così –, ho sentito che vuoi prendere Delneri, ma mi hanno detto che è un giocatore finito”. Poi andò a dormire e quando si svegliò io gli presentai Delneri. Dopo quattro mesi si complimentò per l’acquisto. Delneri entrò nell’acquisto di Ulivieri dal Foggia. Lo presi anche su indicazione di Giacomini che lo aveva chiesto».
Che effetto le fa vedere oggi Delneri sulla panchina dell’Udinese?
«È un grande piacere. Finalmente un friulano nel gruppo di Pozzo, a cui fui io a proporre l’Udinese su mandato di Mazza, quando ero l’amministratore unico. E sono contento, sono trent’anni che fa grandi cose per l’Udinese».
Qual’era la forza di quella Udinese?
«Il gruppo cementato da Giacomini e poi eravamo una società forte, potente. Spesse volte in casa avevamo l’arbitro casalingo e fuori casa l’arbitro internazionale. Ero amico di Italo Allodi, che era una potenza e io ero il suo pupillo. Era una questione di buoni rapporti, non di magheggi strani. Nel nostro piccolo eravamo una società potente e rispettata».
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