Caso Schwazer, scende in campo l’Antimafia

Il tecnico Donati punta il dito verso la Iaaf e l’antidoping: il marciatore è stato incastrato
Di Nicola Corda
Former Olympic race walking gold medalist Alex Schwazer (L) with World Anti-Doping Agency consultant and coach Sandro Donati during a a press conference in Roma, 01 April 2015. Alex Schwazer announced his new partnership with coach Sandro Donati to return to racing. ANSA / ETTORE FERRARI
Former Olympic race walking gold medalist Alex Schwazer (L) with World Anti-Doping Agency consultant and coach Sandro Donati during a a press conference in Roma, 01 April 2015. Alex Schwazer announced his new partnership with coach Sandro Donati to return to racing. ANSA / ETTORE FERRARI

Il caso Alex Schwazer scuote anche la politica. Il suo allenatore Sandro Donati, così si gioca le ultimissime carte per dimostrare che il suo campione ora è pulito e dietro a quella provetta che ha incastrato nuovamente il marciatore altoatesino, c’è un sistema marcio che arriva fino alla federazione internazionale Iaaf. La commissione antimafia vuole vederci chiaro, il governo chiamato a riferire al Parlamento, già due procure giudiziarie (Bolzano e Roma) si occupano del caso, i Carabinieri del Ros che indagano su ricatti e minacce. Ma a pochi giorni dall’iscrizione ai Giochi di Rio, i tempi consentono solo una sospensiva della nuova squalifica, notificata, come ha spiegato Donati, in tempi sospetti (oltre un mese di ritardo) e modalità sui prelievi (provetta non anonima) che fanno pensare alla “vendetta perfetta” contro chi ha fatto della battaglia al doping la sua ragione di vita. «Schwazer ha poche possibilità di farcela, forse solo il 20%», dice Guido Valori, membro del Tribunale arbitrale sportivo di Losanna che dovrà decidere sulla sorte del marciatore azzurro. Ma prima di un verdetto di condanna, allenatore e atleta soli contro tutti sfidano le istituzioni sportive «dalle quali arriva un silenzio assordante perché non vogliono andare contro la federazione internazionale». Solo così si spiega perché l’Italia non cerca neppure con cautela di difendere un campione come Schwazer che a Rio avrebbe serie chance di medaglia.

Dalla federazione italiana di atletica «silenzio di tomba», mentre il Coni rimanda tutto alla Iaaf e con il presidente Giovanni Malagò, difende il sistema di controllo italiano «che all’unanimità è riconosciuto molto credibile, serio e autorevole». Solo a parole perché, pur con la vigilanza dei carabinieri del Nas, i meccanismi sono quelli di sempre, le strutture e i finanziamenti arrivano dalle stesse istituzioni sportive, autoreferenti e non indipendenti. Questo perché non ci sono controlli esterni e la commissione di vigilanza prevista dalla legge istituita nel 2000 per contrastare i farmaci proibiti nello sport, non è mai nata.

Lasciato solo, Donati cerca sostegno fuori dal mondo sportivo e ieri ha fatto tappa prima alla Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi e poi dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Dopo oltre un’ora di colloquio, il magistrato ha aperto un fascicolo (per ora senza ipotesi di reato), corredato dai ricatti e dalle minacce giunte in queste settimane al medico-allenatore. «Ci sono ombre di corruzione pesante a livello internazionale», afferma Claudio Fava commissario antimafia di Sinistra Italiana, e «il legittimo sospetto che ci siano poteri forti, interessi e menzogne nel modo con cui le inchieste di doping sono usate per colpire e premiare».

Dai senatori Dem guidati dal primo firmatario Stefano Vaccari, arriva anche la richiesta al governo di spiegare in aula e intervenire: «Emerge con chiarezza dai fatti di cronaca che nella Iaaf c’è corruzione in materia di doping e sarebbe grave se questa vicenda si concludesse, con una sentenza tardiva d’innocenza, quando il treno delle Olimpiadi sarà passato».

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