Coach Vertemati pronto per la sfida in A: «È il gruppo che volevo e ora proviamo a stupire»

L’allenatore torna nella massima serie, è alla sua terza stagione a Udine: «Curioso di vedere a che punto siamo. Pensiamo una partita alla volta»

Giuseppe Pisano
Adriano Vertemati
Adriano Vertemati

Nella nouvelle vague dei coach di serie A torna Adriano Vertemati. La massima categoria se l’è riconquistata sul campo, riportando Udine sul palcoscenico più prestigioso dopo 15 anni. A lui la parola a poche ore dal debutto.

Vertemati, quali sensazioni in vista della prima?

«Avverto eccitazione, emozione e orgoglio, oltre a cullare delle aspettative, ovvero di togliersi delle soddisfazioni. Sento una grande curiosità, voglio capire a che punto siamo».

La sua prima esperienza in A con Varese andò male. Avverte un desiderio di riscatto?

«No, ogni esperienza ha la sua specificità e serve da insegnamento. Da quella stagione ho avuto modo di imparare, credo di essere migliorato. Però non guardo al passato e non penso a riscattarmi, solo a fare il meglio».

Quanto sente sua la creatura Apu?

«Sento molto mio tutto ciò che è la quotidianità: il campo, l’ufficio, lo staff, la squadra, i dipendenti Apu. A Udine però sono arrivato solo nel 2023, non ho vissuto quelle “radici profonde” citate dal presidente Pedone. Per quanto riguarda la squadra di quest’anno, l’abbiamo costruita io e Gracis, è chiaro che la sento mia».

Com’è il suo legame con Udine dopo due campionati intensi e alla vigilia del terzo?

«Qui sto molto bene. Già nel primo anno mi trovai a mio agio: allora vivevo fuori città, a Feletto, ora sto in centro. Udine è perfetta per me, come dimensioni e per come si pone la sua gente, sempre educata nei modi. Il Friuli l’ho girato quando ho potuto, ammiro le sue specialità enogastronomiche e i suoi luoghi».

Si è parlato molto dei rischi legati all’impatto con la serie A e una percentuale di vittorie che inevitabilmente scenderà molto. Lei come la vede?

«Abbiamo avuto tanto tempo per ripetere la lezione, sappiamo cosa ci aspetta. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ma sono convinto che non avremo problemi, questo è un ambiente fatto di gente seria e professionale».

Come approcciate a un campionato che propone nelle prime quattro giornate squadre di livello medio-alto?

«Se ci mettiamo a pensare che dopo Reggio ci aspetta la Virtus, diamo un significato eccessivo a tutto. Bisogna concentrarsi su una partita per volta, e non è una frase fatta».

Il mercato l’ha soddisfatta o nutre qualche rimpianto?

«Non ho rimpianti, la pre-season mi conforta. Abbiamo operato partendo dalla volontà di confermare giocatori che hanno impegnato una parte importante del budget. C’è stato l’incidente di Juiston, ma abbiamo ovviato subito e bene».

È vero che avete cercato Francesco Ferrari?

«No, però ci è stato proposto».

Cosa chiede alla “vecchia guardia”?

«Ho parlato chiaramente con loro. Devono accettare un ruolo importante ma diverso, in termini di responsabilità e di impegno. Del resto non si fa un investimento umano ed economico su giocatori non importanti».

Hickey ci sta in serie A?

«Sa fare cose di altissimo livello, in A ci sta eccome. Dovrà reagire agli adattamenti: gli avversari sapranno prepararsi meglio avendo un atletismo superiore, noi saremo pronti a chiedergli altre cose».

Brewton sarà una rivelazione del torneo?

«Sì, lo è già stato in Lituania. Se ripete la scorsa stagione è tanta roba per noi. Gli chiediamo cose diverse perché avrà di fronte avversari diversi. Sta vivendo un processo di apprendimento».

Dawkins cosa porta alla squadra?

«Qualità e atletismo. Deve ridurre alti e bassi, trovare continuità, ma è un giocatore eccellente».

Bendzius può diventare un leader dell’Apu?

«A lui interessa solo fare le cose, non è uno che stimola il pubblico, pensa a essere pratico. Può essere un leader con l’esempio, finora l’ha dimostrato».

Calzavara ha un futuro azzurro come ha detto Pedone?

«Lui migliora ogni anno, il vero obiettivo è salire ancora di livello: con la taglia e la testa che ha non si deve porre limiti».

Come cambia il suo gioco con due centri come Spencer e Mekowulu?

«Poco, perché non sono lunghi di post basso. Aggiungono molto a rimbalzo e in difesa, essendo intimidatori (soprattutto Spencer) e aggressivi (specie Mekowulu)».

Che obiettivo si pone per quest’anno?

«Gli obiettivi li deve dare la società. Il presidente ha detto che vuole difendere la categoria, lotteremo per questo senza però porci limiti. Un mio obiettivo è ottenere un’identità chiara di squadra prima possibile, ma serve tempo».

Coach, il suo futuro è più roseo, Azzurro o bianconero?

«Lo vedo bianconero».

Il pomeriggio di oggi, però, sarà Azzurro e lungo, proprio come cantava Celentano. E non esclude il bianconero.

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