Addio a Gianni Passera, il fisioterapista che “decise” lo spareggio-salvezza

Nel ’93 riuscì a recuperare Dell’Anno per la sfida secca con il Brescia. Era uno dei più grave evoluti nel suo mestiere, lavorò cinque anni all'Udinese. Aveva aperto uno studio a Tarcento meta di calciatori ma anche di altri professionisti del mondo dello sport

Massimo Meroi

Le partite le vincono i protagonisti in campo, i calciatori, ma non da soli. Dietro ci sono sempre altre squadre, quella dei tecnici, quella dello staff medico. Qualche giorno fa se n’è andato un fisioterapista che fu fondamentale per la salvezza in A dell’Udinese nella stagione ’92-’93. È mancato, infatti, all’età di 74 anni Gianni Passera, in bianconero dal 1989 al 1994.

Di origini lombarde, si era trasferito in Friuli dove aveva messo radici aprendo uno studio a Tarcento, punto di riferimento per molti atleti.

Trent’anni fa era considerato uno dei professionisti più evoluti nel suo campo e proprio per questo era arrivato all’Udinese dove si era preso cura, assieme a un altro top nel suo lavoro, il preparatore atletico Claudio Bordon, dei muscoli e dei tendini dei vari Balbo e Sensini, Calori e Vanoli.

Il suo “capolavoro” lo aveva però fatto con la caviglia di Francesco Dell’Anno reso disponibile a tempi di record per lo spareggio-salvezza di Bologna contro il Brescia. In occasione dell’ultima giornata di campionato con la Roma il numero 10 aveva rimediato una bruttissima distorsione, il lunedì si era presentato al Moretti con le stampelle.

Di appoggiare a terra il piede non se ne parlava. «Tranquilli, Francesco giocherà col Brescia», diceva Gianni ai cronisti increduli.

Lo spareggio, era fissato per il sabato successivo: c’erano solo cinque giorni per tentare il recupero. Dell’Anno in quella settimana non svolse neanche mezzo allenamento. Arrivava al Moretti per le cure che poi continuava a casa dove lo raggiungeva lo stesso Passera.

Alessandro Calori, compagno di stanza di Dell’Anno, ricorda che la sera prima della partita Gianni trascorse tutto il post cena a manipolare quella caviglia. Il giorno dopo il 10 giocò e fu il migliore in campo.

Passera rimase un altro anno all’Udinese. Lavorò poi alla Triestina, all’Arezzo, al Portogruaro. Da qualche anno era andato in pensione ed era rientrato in Lombardia per stare vicino alla figlia Sabrina.

Il 14 febbraio aveva sostenuto un’operazione di routine, due giorni dopo l’improvviso peggioramento e il decesso.

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