Addio a Giagnoni il mister col colbacco che passò per Udine

IL RICORDO UDINEE’ rimasto impresso nei ricordi di molti appassionati di calcio per il suo colbacco, calcato sulla testa d'estate e d'inverno, per un pugno sferrato a Causio al termine di un derby...

IL RICORDO

UDINE

E’ rimasto impresso nei ricordi di molti appassionati di calcio per il suo colbacco, calcato sulla testa d'estate e d'inverno, per un pugno sferrato a Causio al termine di un derby perso quando allenava il Torino. Un gesto di cui Gustavo Giagnoni si era pentito subito, ma che lo fece diventare un vero idolo per i tifosi granata, gli stessi che gli regalarono il copricapo che lo rese famoso.

Era un personaggio vero e verace, Giagnoni, che nella notte di martedì si è dovuto arrendere a un male che lo affliggeva da tempo. L'allenatore aveva 85 anni, era originario di Olbia, ma viveva a Mantova da quando aveva 25 anni. E nella sua carriera si era seduto anche sulla panchina dell'Udinese.

Sostituì Perani e Ferrari alla quinta giornata della stagione 1980-’81, per poi essere esonerato e riconsegnare la squadra a Ferrari alla sedicesima. Esordì come tecnico dei bianconeri il 19 ottobre 1980 in Como – Udinese (2-0) e lasciò al termine del girone d'andata il 1° febbraio '81 dopo la sconfitta per 1 a 0 contro il Napoli. Tra i giocatori che allenò durante quel periodo c'era anche un giovanissimo Manuel Gerolin, che arrivava dalla Primavera.

«Era una persona estroversa – ricorda l'ex calciatore lo scorso anno ds in Friuli –, ha lasciato un ricordo forte nel mondo del calcio per i suoi atteggiamenti. É stato lui a farmi esordire in serie A con l'Udinese a Torino in una partita contro la Juventus prima di Natale. Perdemmo 4-0».

Un altro dei giovani bianconeri era Paolo Miano, che con lui in panchina non ha avuto fortuna. «Era l'anno del ripescaggio – racconta – e io sono passato dall'essere in prima squadra a non venire considerato. Insomma, io mi allenavo sempre e Giagnoni mi mandava in tribuna. In noi giovani non credeva proprio. Poi, invece, con Ferrari da febbraio fu un'altra musica, esordii e giocai. Ricordo che un giorno venne da me dopo una partita e mi disse col suo accento sardo: allora davvero non capisco davvero un c...». E anche per queste “uscite” rimane indimenticabile. —



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