Vitalizi cancellati in Regione ma restano 190 politici che costano 8 milioni

Gli assegni per i consiglieri sono stati abrogati nel 2013 dalla giunta Serracchiani, è però rimasta irrisolta la questione di chi continua ancora a percepirli

Piero Tallandini
Debora Serracchiani in consiglio regionale nel 2013
Debora Serracchiani in consiglio regionale nel 2013

Privilegio da demolire o diritto acquisito che, come tale, va tutelato? Sui vitalizi la politica regionale ha compiuto ormai più di un decennio fa una scelta irreversibile: nel 2013 la giunta del Friuli Venezia Giulia all’epoca guidata da Debora Serracchiani e il Consiglio regionale hanno cancellato i vitalizi dei consiglieri, l’assegno mensile che scattava al compimento dei 60 anni. Bastava un solo mandato completo per ottenerlo.

Una scelta che, tuttavia, ha lasciato aperta la questione di chi percepiva regolarmente il vitalizio fino al giorno della sua abolizione. Questione che continua ad alimentare una contrapposizione dialettica senza margini di compromesso.

Da una parte i pensionati del Palazzo regionale che si fanno scudo di un principio di natura formale: i vitalizi sono diritti acquisiti e in quanto tali non devono essere intaccati. Dall’altra si grida al privilegio della casta e si mettono sul tavolo i numeri.

I 190 beneficiari, tra ex consiglieri e loro eredi (i parenti più vicini, con diritto alla reversibilità), sono pagati con una somma complessiva che nel 2025 costa il 35% in più rispetto al compenso percepito oggi dai consiglieri che popolano il parlamentino di piazza Oberdan.

La relazione al bilancio di previsione 2025-27 del Consiglio regionale è chiara: «Tra le uscite più consistenti che si prevede di sostenere nell’esercizio 2025, si segnalano quelle per l’erogazione degli assegni vitalizi (euro 8.220.000) e le spese connesse alla carica di consigliere (euro 6.065.000)».

Una questione arroventata che si accende il 31 luglio 2013, quando il Consiglio regionale approva la legge “anticasta” che cancella i vitalizi e riduce le indennità dei consiglieri: nel clima influenzato dall’inchiesta sui rimborsi facili di palazzo, il voto è bipartisan, ma a opporsi è il M5s che chiede misure più incisive.

Un anno più tardi, interviene la Corte dei conti, affermando che la «pur meritoria» decisione di sopprimere i vitalizi lascia intatto il problema di continuare a finanziare quelli esistenti, col conseguente peso sul bilancio regionale: «Tenuto anche conto – rimarca la magistratura contabile – che sia la Corte costituzionale che la Cassazione hanno escluso l’assimilazione dei vitalizi alle pensioni ordinarie e ai diritti ad esse riservati». Il che significa che potrebbero essere messi in discussione.

Nel marzo 2015 un gruppo di ex consiglieri decide di opporsi al taglio dei vitalizi e procede per vie legali, affidandosi all’avvocato-politico Maurizio Paniz, già noto in regione per aver difeso con successo Elvo Zornitta, l’ingegnere accusato di essere l’Unabomber del Nordest. Gli ex eletti della Regione con vitalizio sono, all’epoca, 213, ma solo uno su quattro deciderà di firmare il ricorso al Tar, che si dichiarerà comunque incompetente.

Ma qual è la posizione di chi i vitalizi li ha percepiti e intende continuare a percepirli? È giusto riportarla, affidandosi alle parole del presidente dell’Associazione consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia, Dario Barnaba. «I vitalizi sono tutt’altro che un privilegio – è il concetto ribadito da Barnaba –. Al contrario, sono il frutto di ritenute obbligatorie operate dal Consiglio regionale nei confronti dei consiglieri. Tali ritenute ammontavano ad aliquote variabili nel tempo dal 19% al 23%, cioè più del doppio e fino a quasi tre volte le aliquote alle quali sono assoggettati i lavoratori dipendenti».

Da ricordare peraltro che, prima dei tagli decisi sempre nel 2013, l’indennità lorda di un consigliere in Fvg, senza cariche né funzioni, superava i 10 mila euro al mese: non proprio lo stipendio medio di un lavoratore dipendente.

I dubbi del veterano Sonego

Quando i colpi di cesoia si sono abbattuti sulla politica regionale, negli anni del grillismo imperante e del Parlamento da aprire come una scatoletta di tonno, Lodovico Sonego non ebbe paura di alzare la mano e rivendicare, mettendoci faccia e voce, quel che gli spettava, ovvero il vitalizio per i cinque anni da assessore tecnico della giunta regionale guidata da Riccardo Illy.

Lodovico Sonego ex assessore regionale e già senatore del Pd
Lodovico Sonego ex assessore regionale e già senatore del Pd

L’ex consigliere regionale e senatore del Pd non è toccato direttamente dalla battaglia legale per l’assegno: «Sono stato eletto a palazzo Madama nel 2013, quando il trattamento previdenziale era già diventato strettamente contributivo, identico a quello di chi versa i contributi all’Inps. Quindi la questione non mi ha riguardato: nel frattempo, peraltro, il Senato ha in qualche maniera messo mano a quella delibera voluta dal presidente della Camera, Roberto Fico».

Come? «A seguito di ricorsi interni, sfruttando la prerogativa dell’autodichia, ovvero la giurisdizione interna alle Camere al fine di garantirne l’autonomia, il Senato ha dovuto riconoscere in punta di diritto che era giusto annullare la delibera che cancellava i vitalizi».

Resta in piedi un regime doppio, per certi versi assurdo, che penalizza gli ex deputati: «Chi è stato in carica fino al 31 dicembre 2011 si trova in questa situazione: quel provvedimento, che mi vede onestamente contrario, prevede tecnicalità discutibili, meccanismi che contengono anche errori», rileva Sonego, che segue da spettatore questa vertenza. «Ho chiesto le carte relative alla sentenza di primo grado, quella del Consiglio di giurisdizione della Camera, ma non mi è stata fornita: non mi interessavano i nomi dei parlamentari coinvolti, ma i motivi per i quali il collegio arrivò a respingere il ricorso».

Ora il secondo grado, con la decisione del Collegio d’appello attesa a giorni.

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