Villa Pisani Bonetti celebra il maestro udinese

Carlo Ciussi non c’è piú, ma sopravvive la sua opera, eccome. Sabato si inaugura nella palladiana Villa Pisani Bonetti una personale di dipinti e sculture dell’artista udinese scomparso il 23 aprile 2012. Un’esposizione imponente, monumentale, con opere di grandi dimensioni installate nelle sale e nei giardini del capolavoro giovanile dell’architetto rinascimentale, che progettò nel 1541 al ritorno del suo primo viaggio a Roma. Un palazzo magnifico di proprietà privata, acquistato negli anni scorsi da Manuela Bedeschi e Carlo Bonetti. Dopo un attento restauro, i due collezionisti ne hanno fatto un centro di promozione dell’arte contemporanea. Estimatori di Ciussi, hanno voluto dedicargli questa grande esposizione autunnale, resa possibile dalla collaborazione con l’Archivio Carlo Ciussi e con A arte Invernizzi di Milano.
«La mostra è un omaggio, certo, ma soprattutto il segnale di vitalità di un grande artista», afferma la critica d’arte Francesca Pola che cura la rassegna. «A Villa Pisani Bonetti sarà ribadita la centralità del suo lavoro. Ciussi ha percorso ambiti di sperimentazione molto importanti, e la sua arte è capace tutt’ora di abitare i luoghi e dialogare con l’ambiente circostante in modo eccezionalmente vitale». Pola parla addirittura della capacità di Ciussi a «costruire non solo composizioni ma creature». Secondo la critica, che all’artista udinese ha dedicato una monografia bilingue che uscirà proprio in occasione della mostra veneta, «ogni volta che s’incontra un’opera di Ciussi, questa ci dice qualcosa di nuovo, perché l’artista sapeva arrivare all’essenziale e metteva nei suoi quadri un distillato della vita. Cosí è facile mettersi in relazione con loro, coglierne l’essenza» perché «le opere di Ciussi sono presenze che abitano il contemporaneo».
A Bagnolo di Lonigo, nel pieno della campagna veneta, a metà strada fra Vicenza e Verona, Villa Pisani è un’oasi di bellezza dove le opere astratte di Carlo Ciussi dialogheranno con le armoniose architetture di Andrea Palladio. È la forza della geometria che unisce i due maestri: fra gli archi e le volte della dimora, con cui per la prima volta l’architetto ricrea per la Serenissima i fasti della Roma imperiale, «le forme archetipiche ritratte da Ciussi fanno parte di un linguaggio antico» racconta ancora Francesca Pola «che parte dai Longobardi di Cividale con il loro tempio di ieratica bellezza e giunge fino alle cromie di Bellini, Tiziano e Tintoretto». Quella di Ciussi è infatti «una geometria non statica, ma palpitante, non fredda, ma emotiva, forza catalizzatrice dell’energia del mondo».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto