Uno “Strappo alla regola” con Maria Amelia Monti: «Il fato si può cambiare»
Arriva in regione, a cura dell’Ert, un lavoro che sa di contemporaneo: scritto dal commediografo Edoardo Erba e con protagonista l’attrice. Il tour friulano parte martedì 11 novembre a Cordenons, il 12 a Gemona, il 13 a Fagagna, il 14 a Cividale, il 15 a Sedegliano e il 16 a Muggia

Sarebbe intrigante poter pensare a una via di fuga in ogni istante, un pertugio sicuro da scegliere nell’attimo più ingarbugliato di una qualsiasi esistenza. Certo, la nostra vita non è un film e nemmeno una commedia, dove la soluzione ti si presenta davanti con un inchino. Però il teatro qualche dritta te la sgancia, magari un pizzico surreale, ma c’è sempre una metafora dietro.
Proprio in questi giorni arriverà in regione, a cura dell’Ert, “Strappo alla regola”, un lavoro che sa di contemporaneo, scritto dal commediografo Edoardo Erba e con protagonista Maria Amelia Monti, volto rassicurante di prosa, cinema e tv. In scena anche Daniele Gaggianesi, Giuseppe Lelli, Francesco Meoni, Sabrina Vannucchi e Fabio Zulli. Con la partecipazione in video di Asia Argento, Marina Massironi e di Sebastiano Somma.
Il tour friulano sarà piuttosto sostanzioso: martedì 11 a Cordenons, il 12 a Gemona, il 13 a Fagagna, il 14 a Cividale, il 15 a Sedegliano e il 16 a Muggia.
Si tratta di una trama intrigante che pesca dalla freschezza d’invenzione dell’oggi. C’è una commistione fra cinema e prosa, e tutto ciò fa pensare a qualcosa di corroborante.
«L’incipit contempla un film horror degli anni Settanta — faccia conto “Profondo Rosso”, ecco — tant’è che il pubblico, per un attimo, crede di aver sbagliato sala. Succede che il personaggio minore, che sono io, sta per essere fatto fuori e, destino vuole, che lei si accorga di uno strappo nello schermo dentro il quale infilarsi per sfuggire alla malasorte, precipitando, di fatto, sulla platea del cinema. La maschera si ritroverà così a iniziare un dialogo delirante credendo di essere preda di improvvise allucinazioni.»
È un bel pasticcio, quando qualcuno arriva dal mondo virtuale e si confronta con il reale.
«A volte però il raffronto potrebbe rivelarsi benefico. Chi è veramente dentro una pellicola di paura è proprio la maschera Moira, capisce, alla quale la tizia venuta dal cinematografo farà un gran bene con la complicità del femminismo e della personalità delle donne dei Settanta.»
Andiamo al sodo: morale?
«È un messaggio di fiducia sul fatto che qualunque fato può essere cambiato: tutti noi, nel momento peggiore, possiamo trovare uno strappo dentro cui catapultarci per uscire da una brutta situazione».
C’è un che di alleniano in tutto questo. La memoria fugge a “La rosa purpurea del Cairo”, opera indimenticata del genio newyorkese del 1985.
«Se è per questo, pure Buster Keaton creò qualcosa del genere: persone uscivano sì da uno schermo, rimanendo però nel film. Certamente Edoardo è stato influenzato, però il salto dell’attore, questa volta, è dentro la realtà.»
Qualunque artista s’ispira al passato: i grandi lo migliorano. Lei, fedele al teatro?
«Cammino sui palcoscenici da quando avevo diciott’anni. Sinceramente è un gesto che amo e spero di passeggiare là sopra ancora per molto. Mi sono allontanata dal cinema e dalla tv, almeno quando sono in tournée».
A proposito di televisione: la sua aveva un senso, voglio dire era una tivù signorile, elegante, con un umorismo sagace. Penso a La Tv delle ragazze, per citare un cult.
«L’ho frequentata quand’era meno tossica. Non per agitare la nostalgia, ma nell’altro secolo qualche buona idea la si trovava, come anche entusiasmo da entrambe le parti. Insomma, c’erano ottime ragioni per stare lì la sera.»
Il teatro, al contrario, cresce in gradimento mese dopo mese.
«Il pubblico cerca il confronto con la vitalità di quest’arte, l’unica dove percepisci il respiro di chi recita, venendosi a creare così un tutt’uno di emozioni e di ascolto.»
Forse riusciremo a tenere lontana l’intelligenza artificiale dal palcoscenico, che dice?
«Mi auguro di sì. Vedo i miei figli che fanno cose pazzesche, la consultano persino per sapere cosa mangiare, per non parlare dello stravolgimento di qualunque nostro gesto. Spero che lasci in pace lo spettacolo più vecchio del mondo. E proprio in questo sta il suo immenso fascino».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto








