Uno sguardo dal ponte: «Quella forza della passione che travolge e annienta»
Massimo Popolizio in scena da oggi al Giovanni da Udine: «Bruciamo d’amore al punto di non vedere la realtà»

UDINE. In scena al Giovanni da Udine, questa sera, martedì 24 ottobre, domani alle 20.30 e giovedì 26 ottobre alle 19.30, uno dei classici della drammaturgia America del ‘900, “Uno sguardo dal ponte” di Arthur Miller: il dramma di un immigrato siciliano in quel di Brooklyn segretamente preso d’amore e passione per la giovane nipote Caterina.
A far deflagrare una situazione famigliare apparentemente tranquilla l’arrivo l'arrivo di Marco e Rodolfo, due giovani italiani arrivati clandestinamente negli Usa. E sarà l'affettuosa amicizia nata tra Caterina e Rodolfo a scatenare la gelosia di Eddie che denuncerà i due all'ufficio immigrazione e farà scattare la tragedia.
Un dramma che nonostante le tinte molto forti, anche un po’ datate (il copione è del 1955), ha colpito la sensibilità attoriale e l’inventività registica di Massimo Popolizio. Una scelta che in qualche modo si discosta dai tanti personaggi e copioni di cui è ricca la carriera di Popolizio, personaggi e copioni che si prestavano, nella collaborazione con Luca Ronconi, a eventi spettacolari e teatrali decisamente non consueti.
Perché dunque questo Sguardo dal ponte?
«Questo è il secondo Miller che affronto con e per la Compagnia di Umberto Orsini . Quando lavori per i teatri nazionali o gli stabili di un tempo ti puoi permettere spettacoli che hanno un respiro diverso, non necessariamente migliore ma diverso, di lunga tenuta e non di circuitazione. Quando lavori con Compagnie private, bisogna ammortizzare i costi con tante repliche. Perciò devono essere spettacoli di un certo tipo, non polverosi, ma titoli collaudati che incontrano immediatamente l’immaginario del pubblico».
Quindi cosa l’ha interessato di Uno sguardo dal ponte, a prescindere dal sanguigno e passionale Eddie Carbone?
«Il fatto che, come nella tragedia greca, è una metafora dell’ineluttabilità e della forza della passione che travolge fino all’annientamento chi la vive. Che è poi quello che capita al protagonista: bruciare d’amore al punto di non vedere la realtà. Una passione così assoluta che può capitare solo in certe latitudini, difficilmente uno svedese si lascia travolgere dalla passione amorosa, un siciliano sì. Ed è questa situazione tutta siciliana in un contesto americanissimo che abbiamo privilegiato e sottolineato, perché non è un testo sull’immigrazione, almeno così l’ho letto io».
Un cortocircuito, quindi...
«Un cortocircuito che è teatrale, che fa scattare l’azione, e su questo abbiamo puntato anche riducendo il copione a un solo atto, asciugandolo, togliendo certi manierismi, anche melodrammatici e stereotipi che oggi suonano ridicoli».
La sua messa inscena, è stato detto, ha qualcosa di cinematografico.
«Perché, per come l’abbiamo adattato, sfrondato è un testo che chiaramente assomiglia molto ad una sceneggiatura cinematografica, e che, come tale, ha bisogno di primi, secondi piani, campi lunghi e controcampi e di ritmi recitativi molto serrati. Anche alla luce di tutto il materiale che questo testo ha potuto generare dal 1955 ad oggi - cioè film, fotografie, serie televisive - per cui credo possa essere interessante e “divertente” una versione teatrale che tenga presente tutti questi “figli”».
A proposito di cinema: la sua avventura sul grande schermo è contrappuntata da personaggi negativi, scostanti, ambigui, cosa che a teatro quasi mai.
<CF1001>«Il cinema italiano non ha molta fantasia, è molto ripetitivo e poco attento alla capacità di un attore di cambiare e quando un ruolo è azzeccato ti chiamano per fare sempre quello. E purtroppo il nostro cinema, tranne pochissimi casi, è ridotto male con le sale vuote, e per questo molti si riversano sulle più sicure piattaforme pay».
Il teatro invece?
«Da quando ho cominciato a farlo ho sempre sentito dire che è in crisi, sul punto di scomparire. Invece la gente ha ripreso a venire a teatro, forse perché lì c’è la vita che si mostra e questo cattura. Se di crisi si deve parlare questa è solamente finanziaria: ci sono pochi soldi e questo penalizza molto».
In scena con Popolizio, Valentina Sperlì, Michele Nani, Raffaele Esposito, Lorenzo Grilli, Gaja Masciale, Felice Montervino, Gabriele Brunelli, Adriano Exacoustos. Due gli appuntamenti di Casa Teatro, oggi alle 17.30 “Miller, il suo sguardo sul mondo” a cura di Peter Brown, direttore della British School Fvg; e domani alle 17.30 “C’era una volta l’Italia. In America”: incontro con Massimo Popolizio e la Compagnia condotto dal critico teatrale Roberto Canziani.
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