Una storia di processi e di libri: gli occhi del mondo su Menocchio

Il film di Fasulo rilancia la figura di Domenico Scandella il mugnaio di Montereale Ma la notorietà si deve a “Il formaggio e i vermi” di Ginzburg sui processi per eresia
MANTENGOLI - DINO TOMMASELLA - PORTOGRUARO - IL FILM MENOCCHIO E ALBERTO FASULO
MANTENGOLI - DINO TOMMASELLA - PORTOGRUARO - IL FILM MENOCCHIO E ALBERTO FASULO

Andrea Zannini

La storia di Domenico Scandella detto Menocchio, arso vivo dall’Inquisizione nel 1599 a Pordenone, non è solo una vicenda di popolani visionari e inquisitori inflessibili. È anche una storia di processi e di libri, a cominciare da “Il formaggio e i vermi”, di Carlo Ginzburg, che con ventiquattro traduzioni in altrettante lingue ha fatto del mugnaio eretico di Montereale Valcellina uno dei friulani più conosciuti nel mondo.

Proviamo a ricostruire questa storia. Carlo Ginzburg (1939), figlio di Leone, morto in un carcere fascista, e della scrittrice Natalia, è uno studente straordinariamente precoce. A poco più di vent’anni compie ricerche “a caso” nell’Archivio di stato di Venezia, e nei fondi dell’Inquisizione si imbatte nelle storie friulane dei benandanti che, a fine Cinquecento, confessano agli inquisitori di essere buoni maghi che combattono quattro volte all’anno in spirito contro gli stregoni. Ne esce un libro fondamentale per gli studi su folklore, cultura popolare e magia: “I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento” (Einaudi, 1966).

Tra le schede d’archivio di Ginzburg ve n’è una che riguarda un mugnaio friulano, Domenico Scandella, che lo intriga per «una cosmologia molto complicata». Egli ricostruisce il suo pensiero attraverso i suoi due processi per eresia: quello del 1583 nel quale lo si accusa che in discussioni pubbliche ha negato la Trinità, la divinità di Cristo e la verginità di Maria, e che lo tiene in carcere per tre anni. Quello più breve del 1599 che lo porta direttamente al rogo, in quanto recidivo (relapso) e impenitente. Nel 1976 Ginzburg racconta la storia di Menocchio ne “Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del Cinquecento” (Einaudi, 1976), rintracciando nella visione del cosmo del mugnaio le tracce di antichissime credenze popolari europee.

Il libro ha un successo straordinario sui due lati dell’Atlantico. Appare in un periodo in cui la concezione tradizionale di cultura popolare subalterna, basata sulla visione marxista dei rapporti di classe, entra definitivamente in crisi. Inaugura una metodologia diversa di condurre la ricerca storica, che deve molto all’antropologia e si focalizza non tanto sui macro-fenomeni e i soggetti collettivi, quanto sulle vicende di individui minori, osservate al microscopio: è la “microstoria”, l’unica nostrana scuola storiografica sorta nell’ultimo secolo che ha varcato i confini nazionali.

Le traduzioni de “Il formaggio e i vermi” si moltiplicano. Complici gli incarichi di insegnamento di Ginzburg nelle più prestigiose università americane e alla Normale di Pisa. Le sue tesi fanno discutere e la figura del mugnaio di Montereale diventa di riferimento tra gli storici di tutto il mondo. Nel 1989 il bibliotecario di Montereale Valcellina, il maestro Aldo Colonello, fonda il circolo culturale Menocchio, che prenderà corpo dalle riflessioni ginzburghiane tra cultura orale e cultura scritta, tra sapere popolare e potere. Nello stesso anno Ginzburg pubblica un’altra tappa della sua indagine sulla stregoneria, ricca ancora una volta di casi friulani: “Storia notturna. Una decifrazione del sabba” (Einaudi, 1989).

Altri storici riprendono in mano le carte di Ginzburg. Il casarsese Andea Del Col, che insegna Storia della Riforma e Controriforma a Trieste, pubblica nel 1990 per Biblioteca dell’Immagine di Pordenone “Domenico Scadella detto Menocchio. I processi dell’Inquisizione (1583-1599)”.

Le critiche rivolte al libro di Ginzburg vi sono affrontate direttamente. A esempio di aver usato le fonti inquisitoriali troppo liberamente, oppure di avere uniformato il pensiero del mugnaio a uno strato mitico della cultura popolare europea difficilmente ricostruibile. Del Col ricostruisce in maniera dettagliata la situazione culturale e politica della campagna friulana; pone grande attenzione al ruolo che svolgevano notai e inquisitori nella redazione dei verbali che ci restituiscono le parole di Domenico; più che agli archetipi culturali europei mette in relazione il pensiero di Menocchio con le correnti religiose eterodosse della sua epoca, dall’anabattismo all’antitrinitarismo, risalendo fino ai catari piemontesi del Trecento.

Una nuova edizione dei “Processi” di Del Col, è alle stampe, nel 2019, per La nave di Teseo. Con una introduzione che riprende tutti i fili dei problemi religiosi e culturali sollevati del testardo mugnaio di Montereale 400 anni fa. –



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