Una “firma” sulla Luna e 600 mila asteroidi grazie ad Antonio Abetti

Guardiamo la luna negli occhi, in queste giornate di riconquista dello Spazio. Equipaggiati di telescopio noteremo che la pupilla più grande è un’immensa distesa di basalto: è il Mare della serenità (Mare serenitatis). Qui, la crociera diventa fiabesca. Verso sera, quando i raggi del sole sono bassi all’orizzonte, navigando sulla lava millenaria in direzione Nord-Est, è possibile tuffarsi nel Lago dei Sogni (Lacus somniorum); ma se invertiamo la rotta verso Sud-Est, per noi friulani è in serbo una sorpresa. Dopo aver incrociato il Monte Luminoso (Mons argaeus), sfiorando il suo fianco destro possiamo scorgere, in lontananza, un cratere ormai completamente riempito di magma. Eccoci! Quella voragine che oggi appare come un dolce rilievo, porta il nome di un corregionale, il goriziano Antonio Abetti.
Nato nel giugno del 1846, Abetti fu uno dei più stimati astronomi italiani del XIX secolo e, grazie alla sua preziosa sagacia, fece parte della storica missione del 1874 a Muddapur, in Bengala, al fine di misurare il parallasse solare in occasione del transito di Venere sul Sole. Allo scopo, Abetti introdusse per la prima volta lo spettroscopio.
Fu in seguito invitato a Berlino, all’Istituto delle effemeridi astronomiche, per studiare le orbite planetarie. Come è ovvio che sia, affiancò ai suoi studi in astronomia la libera docenza all’Università di Padova, dove approntò migliorie all’officina meccanica dell’Osservatorio, a Torino e Firenze, in cui divenne direttore dell’osservatorio di Arcetri. Qui trascorse il resto della vita a studiare i passaggi delle stelle e i tempi sidèrei, senza mai trascurare il suo hobby: il calcolo delle probabilità applicato alla teoria degli errori. La fama e i contributi scientifici donati al mondo, gli valsero il titolo di socio d’onore alla Royal Astronomical Society di Londra e all’Accademia dei Lincei.
Alla sua morte, nel 1928, come per osmosi il genio del padre passò al figlio Giorgio che, Oltreoceano, si distinse con le sue ricerche sulla fisica solare. Inoltre, a lui il merito d’aver istituito la scuola per giovani scienziati, capaci, con il loro ingegno, di allargare gli orizzonti della ricerca. Istituto dal quale uscì la crème dell’astronomia italiana.
Ma durante la crociera nello spazio, per i friulani c’è ancora una sorpresa: abbandonandosi nella vastità del sistema solare, se si è fortunati è possibile imbattersi in uno dei 600 mila asteroidi individuati dagli scienziati. Quale? Si chiama Antonio e Giorgio Abetti. Ça va sans dire. —
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