Una donna magnifica stonata e istrionica

Sublime il film di Frears, la storia vera di una ricca estrosa Streep e Grant duettano con la grazia dei vecchi film
Di Gian Paolo Polesini

di GIAN PAOLO POLESINI

Ci fidiamo di Meryl, la sua Florence è desiderabile e adorabile, un confetto di donna, istrionica, generosa, come sicuramente fu la vera Florence. Frears ama il ritratto femminile e i dipinti in collezione - Lady Henderson presenta, The Queen e Philomena - garantiscono l’occhio sensibile se lo sguardo si sporge su vesti e sottovesti. Una vita che vale un film, e sarebbe stato peccaminoso lasciarla marcire nel Novecento senza una doverosa luce addosso.

La signora è assai ricca e ama cantare. Il soprano che la abita piglia acuti imbarazzanti, annullati - o quasi - dall’entusiasmo dell’arte. Una passione agli eccessi, l’unica medicina che la tiene lontano dalla morte. America 1944. La guerra non si vede e non si sente, il popolo benestante se la gode al Verdi club, gustoso varietà del dopo cena. Scivoli morbido nell’ambient gradevole con la naturalezza che soltanto un Woody Allen ispirato ti concede. E se non fosse colorato, diresti che Florence vien su dal passato, tanta grazia ci mette in ogni minuto e in ogni sperduto angolo del set. E ci voleva Meryl e chi altra? E ben le sta al fianco un ritrovato Grant, gentiluomo, marito e servitore con una fidanzata che lo aspetta appena la moglie s’addormenta. Il senso di ciò è ben diverso da quello contemporaneo del tradire per noia, o chissà per cosa. La storia è lunga, ma c’è di mezzo un fattaccio sgradevole.

È elegante ’sto film, nell’accostamento dei colori, nella gestualità, nei toni pacati anche quando l’ansia potrebbe vincere sulla serenità apparente.

Nulla può impedire a una signora facoltosa di riempirsi la stanza di sogni realizzati e nemmeno negarle l’affitto di un tempio qual è la Carnegie Hall per una serata di sfizio lirico. Per un paradosso tutto artistico la vera Florence divenne celebre proprio per le sue straordinarie stecche. Talmente out da diventare in. E i suoi dischi gareggiavano con quelli di Sinatra, pensate un po’, sebbene chi l’ascoltasse per la prima volta cadeva in una trance ridanciana inarrestabile.

Un Hugh di gran equilibrio è uscito finalmente dai suoi alter ego un po’ spettinati e con il destino a decidere per loro. Cerca l’Oscar, il buon Grant, e chissà se l’Academy si accontenta di tutta questa magnifica leggerezza. Sapete come sono i saggi, no? Se un attore non si fa struggere dal dolore, l’oro non se lo piglia. Florence è il miglior finale possibile del Natale. Fidatevi.

Visionario, The Space Cinema, Città Fiera, Cinemazero, Fiume Veneto, Kinemax Gorizia e Monfalcone, Villesse

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