“Un monte è storia”: parole e immagini per raccontare le vette gemonesi
I due volumi del volume e ricercatore Renato Candolini. La vita della popolazione, l'ambiente e i personaggi locali

Cjampòn e Cuarnàn, vette che annunciato le Carniche e le Giulie. I turisti che li sogguardano dall’autostrada, e forse anche gli stessi gemonesi che ne popolano le prime pendici, potrebbero considerarli una propaggine del borgo, sulla quale non dovrebbe esserci molto da raccontare.
Invece Renato Candolini, fotografo e ricercatore instancabile, dedica loro due ponderosi tomi editi da InMont (più di 600 pagine).
Il titolo, “Un monte è storia”, illustra la motivazione del lavoro, quella di preservare la memoria.
Un tempo tutto era censito e presente nella consapevolezza degli abitanti: appezzamenti grandi e piccoli, massi, boschi e cespugli, fonti di acqua sorgiva, avevano un nome ed erano un riferimento, perché intrecciati e integrati nella vita della gente di cui costituivano le prime risorse. E ogni toponimo, identificando un luogo, raccontava una storia.
Per citarne uno, Ambruseit, “bruciato”, vero nome del Cjampon, secondo l’Ostermann plausibilmente attribuibile a un incendio fatto per creare terreno da pascolo. Nome che poi è stato sostituito da quello un tempo riservato alla parte sommitale.
C’è da chiedersi – scrive l’autore – quale fosse il nome precedente. Non è evidentemente dato di saperlo.
E quasi certamente non lo sarà mai, perché si è interrotta la tradizione orale. Quella del filò nella stalla o attorno al fogolâr, dove i vecchi raccontavano cose apprese dai nonni, che a loro volta le avevano sapute dai loro nonni. E via risalendo le generazioni.
Renato Candolini ne ha raccolto gli ultimi echi, incrociandoli con opere precedenti e con i manoscritti delle amministrazioni d’antan, componendo una storia vera, non calata dall’alto, ma sedimento della vita di un territorio.
I due libri contengono un’incredibile quantità di notizie. Si va dalle leggende e tradizioni ai set cinematografici, dai boschi banditi e dalla fluitazione alla Cjase dai Cuarvats, dallo scultore Giovanni Patat al pioniere del volo a vela Ugo Zannier, dal monumento a Gilles Villeneuve alle prime gare di sci sul Cuarnan e al pattinaggio sul lago Minisini (in anni in cui l’inverno era freddo davvero)
Ci sono il monastero di Sant’Agnese, la cava e l’omonima sella, luogo di eterne contese tra Venzone e Gemona, le baite antiche e nuove, le scritte rupestri, i tabernacoli e i crocifissi. E un ragguardevole materiale legato ad alpinismo, escursionismo e storia del Cai locale (di cui Candolini è stato presidente). Oltre a una corposa parte dedicata alla morfologia e alla flora e alla fauna, affidate a Giuliano Mainardis.
Un lavoro importante, e uno schema di riferimento identitario a futura memoria.
Scriveva Italo Calligaris, in un articolo uscito prima della grande cesura del’76: «Quando Gemona si espanderà nella “bassa” sarà tutt’altra cosa. Ma per ora è roccia; è parte integrante di quella montagna arcigna e sassosa che incombe alle sue spalle».
Oggi la discesa alla piana alluvionale c’è stata. Con i nuovi modelli di vita, ha prodotto mutamenti culturali e forse antropologici, affievolendo il rapporto che lega il territorio ai nuovi gemonesi.
È a loro che vengono idealmente consegnati questi libri, e il patrimonio in essi contenuto
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