Ulderica Da Pozzo: gli echi del tempo
La mostra allestita al Museo dell’orologio di Pesaris e alla latteria di Osais: «La memoria del latte si tramanda anche attraverso le immagini»

Si intitola Sunsûrs Echi del tempo, la mostra di Ulderica Da Pozzo allestita al Museo dell’orologeria di Pesaris e all’ex latteria di Oais che propone un corpus di fotografie per una memoria identitaria.
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Ci sono luoghi che, nel silenzio di oggi, raccontano ancora storie antiche. Entrando nella vecchia Latteria e Cral di Truia, ho sentito voci, musica, il suono di una fisarmonica. Claudio mi ha accompagnata tra i ricordi, raccontando aneddoti e suonando, ma anche quando sono rimasta sola, nel silenzio, quei suoni sembravano ancora vibrare. Sul piccolo palco costruito per i “suonatori” ho immaginato volti e gesti, un tempo in cui stare insieme e divertirsi era importante quanto lavorare.

Guardando gli stucchi del lampadario, la luce che filtra dalle finestre, si capisce quanto fosse forte il gusto della bellezza, della cura nel costruire le “cose” per la comunità. Sotto la sala del Cral c’era la latteria sociale, luogo d’incontro dove ogni giorno si pesava il latte due volte. Da anni inseguo le latterie. Le riconosco passando per i paesi: nella forma degli edifici, nelle scritte ancora visibili — Latteria sociale, Turnaria — o nei segni ormai sbiaditi sui muri. Molte non esistono più: sono diventate alberghi, sedi di associazioni o abitazioni private. Altre resistono solo nella memoria, conservate nelle mie fotografie con i racconti di chi, tra stalle e caldaie, trasformava il latte in vita. In Friuli ho percorso le strade alla ricerca di queste tracce. Nella mia Carnia ho fotografato per il libro Malghe e Malgari le ultime piccole latterie ancora aperte: a Cabia, a Illegio, dove si sentivano gli ultimi rumori del latte. Ora rimangono solo le grandi latterie di vallata, come a Sutrio e a Enemonzo. In Val Pesarina, quando ho iniziato i la mia ricerca, erano già tutte chiuse. Ogni frazione aveva la sua: edifici belli, costruiti per la comunità, spesso con la scuola o il Cral al piano superiore. A Osais, la comunità ha voluto mantenere viva la memoria restaurando la vecchia latteria com’era: con le caldaie di rame, gli oggetti, le tracce di un lavoro condiviso. A Pesariis, invece, l’edificio è stato trasformato, ma dietro un vetro una piccola caldaia continua a raccontare una storia antica.

La memoria del latte si tramanda anche attraverso le immagini. Ho fotografato il vuoto e il pieno di stalle e latterie, un mondo fatto di lavoro e di incontri, di visi e di voci, di passi e di latte che scorreva come un fiume bianco nel tempo. Oggi, in alcune latterie ancora aperte, si sente ancora il rumore del “fare”. Le donne sono diventate protagoniste di questo mestiere antico, casare in piccole aziende o in realtà più grandi: nei loro gesti vive la stessa responsabilità, la stessa passione che trasforma il latte in sapore e memoria.

Il mio primo libro, Carnia, l’ho voluto presentare nella vecchia latteria di Ovasta, simbolo di una comunità che si ritrovava per lavorare e stare insieme. Oggi una piccola parte del mio lavoro è esposta proprio nella ex latteria di Osais, restaurata e mantenuta viva dagli “Amici di Osais”: un luogo silenzioso dove, al posto dei formaggi, le tavole accolgono le mie fotografie. Il giorno dell’inaugurazione, la sala del Cral sopra la Latteria è tornata a essere ciò che era: un luogo di incontro, di festa e di condivisione e del piacere di stare assieme, e ringrazio la comunità di Osais per avermi regalato un momento di “essere paese”. Naturalmente, per rendere possibile tutto questo, servono amministrazioni comunali lungimiranti, capaci di riconoscere il valore del proprio patrimonio culturale e animate dal desiderio di promuovere iniziative, come il Festival “Passeggeri del Tempo”, che ne favoriscano la conoscenza, in cui ho avuto il piacere di essere invitata. La tutela e la trasmissione avviene solo attraverso un impegno costante e solo con una visione condivisa è possibile trasformare la memoria del territorio in una risorsa viva, capace di alimentare l’identità collettiva edi arricchire le generazioni future.
Cos’è la fotografia? Può essere tante cose, racconto , memoria, emozione, rimozione. Infatti nella mostra lo spiega bene Angelo Bertani, che parla del mio lavoro. Io vi porto solo con me, tra memoria e presente.
Entrate con me in uno stavolo in Val Pesarina, con solo un po’ di fieno e un vecchio comò coperto da lenzuola di lino, rattoppate con un rito di antica sapienza. Sopra un piccolo tino di legno. Uno dei tanti recIpienti con cui si portava l'acqua quando si andava a far fieno in luoghi in cui non c'erano sorgenti. La luce filtra dalle grate, portando con sé il profumo dell’acqua e del fieno. Vi porto sui sentieri che un tempo percorrevano le donne ogni giorno per salire nelle Stalle, ora persi . Vi porto nel bianco della prima neve dove vedo ancora i loro passi, la porta della stalla, il fiato caldo degli animali. Sfogliate con me i libretti del latte con numeri e cifre.
Non era solo fatica: era possesso del tempo , intreccio di vite piene ,e di giorni.
Per questo ringrazio chi resta, chi resiste, chi continua a lavorare: i giovani che si alzano all’alba, che trovano nelle stalle più grandi un’eredità viva, aiutati dalle macchine ma guidati dalla stessa passione di un tempo. Nelle piccole aziende o nelle grandi latterie di vallata continua il rito antico del latte che diventa formaggio e con esso la storia di un territorio che non ha mai smesso di raccontarsi.
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