Dentro lo spettacolo: a Udine il teatro diventa immersivo tra realtà virtuale e attori dal vivo

Al Palamostre va in scena Sapiens, esperimento del Css che unisce realtà virtuale, aumentata e presenza fisica dell’attore: dieci spettatori alla volta per un viaggio sull’evoluzione dell’umanità ispirato a Harari

Oscar D’agostino

Immaginate di essere seduti su una sedia e un istante dopo di trovarvi improvvisamente immersi in un ambiente in cui potete muovervi e interagire con persone reali o immaginarie. No, non stiamo parlando di Matrix o di Avatar. Vi stiamo per raccontare una nuova frontiera del teatro, che da qualche anno sperimenta altre modalità di messa in scena degli spettacoli utilizzando tecnologie moderne come la realtà virtuale o la realtà aumentata.

Di cosa stiamo parlando? La realtà virtuale immersiva è una tecnologia che trasporta l'utente in un ambiente digitale completamente simulato, isolandolo dal mondo fisico circostante e coinvolgendo i suoi sensi per creare un'intensa sensazione di presenza. Ma come funziona? L'esperienza immersiva si basa su alcuni elementi chiave: l’utente indossa un visore Vr che copre completamente il campo visivo, bloccando la vista del mondo reale. Vengono stimolati più sensi, principalmente la vista e l'udito (con audio 3D), per rendere l’esperienza credibile al cervello.

Tutto ciò accade anche a Udine, dove fino al 19 dicembre, al Teatro Palamostre, per la stagione di Teatro Contatto del Css, va in scena Sapiens. Come spiegano gli ideatori, lo spettacolo nasce da un processo di ricerca del Css che dopo le esperienze in realtà virtuale de Il labirinto di Orfeo e Nel mezzo dell’inferno compie un ulteriore passo in avanti integrando realtà virtuale, realtà aumentata e (è questa la novità) la presenza di un attore dal vivo.

«Cuore tecnologico del progetto – spiegano – è il lavoro degli sviluppatori e 3D artist Alessandro Passoni e Saul Clemente, che hanno costruito ambienti digitali immersivi nei quali si innestano presenze reali e aumentate. Il coordinamento registico è affidato alla regista Rita Maffei, che guida la drammaturgia di un percorso in cui corpo e avatar, attore e immagine, umano e digitale dialogano, si fondono e si contraddicono».

In scena si alternano gli attori Klaus Martini e l’udinese Francesca Osso, chiamati a confrontarsi con le nuove tecnologie e un testo sviluppato grazie al supporto del software di intelligenza artificiale ChatGPT. Le musiche originali sono realizzate dal compositore Vittorio Vella.

Dieci gli spettatori, due rappresentazioni al giorno. Si entra nella saletta dove è allestito il palcoscenico (un fondale bianco, non serve altro), ci si siede, si indossa in visore e lo spettacolo comincia.

Sul palco, nei giorni scorsi, la bravissima Francesca Osso: udinese, diplomata al Piccolo Teatro, interprete di alcune importanti produzioni teatrali degli ultimi anni da “M – Il Figlio del Secolo” regia di Massimo Popolizio a “La Dodicesima Notte - o quel che volete” diretto da Giovanni Ortoleva, a “La pulce nell’orecchio” per la regia di Carmelo Rifici fino a “Oleandra” e “La Chunga”).

Si alza il sipario (si fa per dire) e ci si trova immersi in un mondo irreale. Un viaggio immersivo sull’evoluzione dell’umanità, liberamente ispirato al saggio di Yuval Noah Harari “Sapiens. Da animali a dèi”. Gli altri nove spettatori spariscono, al centro della scena c’è solo lei, l’attrice, che ci racconta l’evoluzione dell’uomo dalla preistoria al futuro. Invitando ci a riflettere su quale sarà il nostro percorso evolutivo, in un mondo in cui ormai domina l’intelligenza artificiale.

Francesca Osso si muove tra personaggi inesistenti («No – racconta – non ho uno schermo per capire cosa c’è in scena, ho imparato le posizioni») e sfondi irreali che mutano. In un paio di momenti della narrazione (che dura trenta minuti) hai l’impressione di essere sospeso nel vuoto. Un attimo di “smarrimento”, poi ti riprendi subito (il cervello ti dice: stai tranquillo, non è nulla di reale!).

Il tema centrale del libro era la capacità unica dell'Homo sapiens di cooperare in gran numero basandosi su realtà immaginate o miti condivisi, come religioni, nazioni, leggi e denaro. Ed è l’immaginazione, come chiede l’attrice agli spettatori prima di dare il via alla narrazione, la chiave di tutto.

Uno spettacolo diverso, coinvolgente, stimolante. E la magia del teatro? Quella della quarta parete (quel muro immaginario tra attori e pubblico, che chi recita finge che esista per creare l'illusione di una realtà separata) che in questo caso viene abbattuta? C'è tutta, grazie alla bravura degli attori in scena (in questo caso Francesca Osso), capaci di muoversi e recitare in un mondo che lo spettatore vede e loro invece immaginano soltanto.

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