«Sono ateo con spiritualità»

Parla Corrado Augias che mercoledí al Verdi presenterà Le ultime diciotto ore di Gesú
Di Mario Brandolin

Ancora una volta Gesù sulla strada di Corrado Augias, dopo Inchiesta su Gesù del 2006 e Inchiesta sul cristianesimo con Remo Cacitti del 2008, ancora un libro che tra inchiesta e romanzo cerca di dare ragione, nel perché e nel come, delle ultime frenetiche ore che precedettero la morte in croce del Cristo nazareno. Le ultime diciotto ore di Gesù, questo il titolo dell’ultima fatica del popolare scrittore e giornalista, che sarà presentato mercoledì 16 alle 21 al Teatro Verdi di Pordenone, nell’ambito della festa del libro con gli autori. Ancora una volta Gesù, dunque, anche se, come scrive nelle prima pagine, «su di lui non sapremo mai più di quanto già non sappiamo». Perchè allora tornare su un personaggio così sfuggente? «Perchè mi sembrava mancasse un racconto di Gesù come personaggio della storia, come un profeta in un Paese occupato militarmente dai romani, per cui molte della cose che dice e che fa si capiscono solo se si tiene conto di questa condizione. Gesù aveva in mente una spiritualità elevata che tenesse conto della situazione storica ma che la travalicasse; non approvava la necessaria compromissione che il grande sacerdote praticava con l’autorità romana. Bisognava, per Gesù, puntare a una spiritualità alta pura lunga. D’altra parte quando entra in Gerusalemme viene osannato dalla folla che lo proclama Re. E questo non si capisce se non si tiene conto che la provincia della Giudea era senza re, amministrata direttamente da Roma, laddove la Galilea aveva un re, pur se fantoccio, come Erode Antipa. E il fatto che tutte queste autorità si ritrovano insieme a Gerusalemme in vista della Pasqua, dà a tutta la vicenda quasi un sapore da tragedia, una straordinaria resa dei conti tra poteri, tutti molto diversi tra di loro: un fatto narrativamente molto stimolante».

Per questo allora ampio spazio nella sua narrazione è dedicato a Pilato e alla sua corte, alla moglie Claudia e all’intellettuale Caio Lucilio, quasi un alter ego di Augias stesso. «Di lui ne scrivo mentre è giovane a Gerusalemme e comincia a porsi domande e poi molti anni dopo, ai tempi di Nerone, e ricorda quei fatti col distacco partecipato di un uomo anziano. E questa cosa mi riguarda». E attraverso questo personaggio, il suo libro, pone domande; ad esempio sulla necessità del sacro, come risposta alla solitudine esistenziale dell’uomo e come un freno alla “furia animalesca degli esseri umani”.

«Domande, dubbi, che mi vengono da una parte dal Lucrezio del De rerum natura e dall’altra dalla scommessa illuminista, quella cioé di portare grandi masse di persone a una consapevolezza civile soltanto in forza del loro acculturamento, non costringerle a comportarsi bene perchè da una parte ci sono i carabinieri e dall’altra l’inferno: rinuncio al sacro ma assumo la sacralità della legge. Un sogno, difficile, se non impossibile».

Lei mostra una grande simpatia per Gesù che considera «un uomo che voleva trasformare la religione in una fede di cui ogni essere umano fosse custode e interprete presso la divinità». Oltre le ritualità, le regole, i dogmi e le inevitabili compromissioni della religione. Cui invece e con grande determinazione ci penserà San Paolo, il “funesto cervellaccio” di Nietzsche.

«San Paolo è un genio, perchè è lui che prende questa piccola setta giudaica e la diffonde nel mondo. Apostolo delle genti, ma soprattutto un gigante, un capo politico, un leader. Una figura affascinante. Potrebbe essere l’oggetto di un mio prossimo libro.

A lei piacerebbe credere, avere fede? «Io sono ateo, però nello stesso tempo, nutro una grande spiritualità, anzi dirò di più una grande religiosità: mi considero un ateo religioso. Penso che il non offendere gli altri, il cercare di essere pacati nei giudizi, rispettare la natura l’ambiente nel quale vivo, la città nella quale abito, le persone che frequento, sia già l’inizio di una religiosità».

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