Si alza il sipario su Mittelfest, il direttore artistico: «L’ho riportato all’attenzione dell’Europa»

CIVIDALE. «Femminista nell’animo», per innata e convinta attitudine, innamorato della Grecia (radice imprescindibile, in casa Europa), consapevole di «non essere una persona facile» così come «non lo sono i friulani», ma certo, ciò posto, che l’arroganza non gli appartenga e che il nocciolo della questione sia un altro: «Non sono qua per cercare consensi, ma per fare un buon lavoro».
Pillole di Pašovic-pensiero da una chiacchierata al Messaggero Veneto, alla vigilia dell’apertura della ventottesima edizione di Mittelfest, declinata sul tema della Leadership e al via venerdì 12: il direttore artistico del festival si racconta e racconta la sua creatura, cui ha dato forma, per la seconda volta, animato da «un forte senso di responsabilità».
«Amo l’idea su cui si fonda Mittelfest, amo Cividale e l’Italia: per me – dice Haris Pašovic – è un onore essere qui. C’è stato chi mi ha etichettato come un boss, determinato a cambiare tutto. Non è questo il mio scopo: sono fra voi per costruire, per lavorare in squadra.
Nessun contrasto con il Friuli, insomma. Sono però un professionista, e in quanto tale devo, voglio fare del mio meglio per la rassegna, a beneficio della regione, del Paese, dell’Europa. Nel 2018 abbiamo pagato il prezzo di una partenza in ritardo; stavolta abbiamo avuto più tempo per comunicare con la gente: credo, alla luce di ciò, di poter dire che capisco meglio il Friuli e che il Friuli mi apprezza di più.
Il punto è cosa si intende fare del festival, per il domani: il mio mandato è triennale, non posso decidere io per il futuro di Mittelfest. So però che dallo scorso anno l’evento ha riguadagnato posizioni negli ambienti culturali europei, dove ora se ne parla con rispetto».
La politica del ritorno all’internazionalizzazione, quella cifra progressivamente persasi dopo la stagione aurea del debutto, si è insomma rivelata premiante, a parere del maestro.
Non casuale, dunque, il protagonismo ellenico nel cartellone 2019, indice di uno sguardo oltre il territorio prettamente “mittel” e, in parallelo, di un richiamo alle origini della nostra civiltà ma pure alla strettissima attualità, considerata la sfiorata apocalisse e poi il superamento della crisi, con la permanenza della Grecia nell’Ue.
E a impronta greca, così, sono alcune delle proposte di punta del festival, dall’attesissima Antigone di Konstantinos Ntellas («Lo spettacolo più femminista fra quelli in programma», si compiace Pašovic, riservando una prevedibile menzione alla capitana Carola Rackete) a quella “Collina 731 – Hill 731” , di Aris Biniaris, che si annuncia come «un’Iliade punk su Mussolini», sconfitto dal pur smilzo esercito ellenico: esempio di quando l’unione, il «cuore», il senso d’appartenenza fanno la differenza.
Il festival scalda i motori, dunque (apertura questo pomeriggio, alle 17. 30, in piazza Diacono, con la Pressburger Klezmer Band), sotto la dilagante, e apprezzata, egida di quella sorta di centauro capovolto che gli fa da simbolo: «La scelta del leone è stata sbocco naturale, quasi obbligato – commenta il direttore –. Lui è il re della foresta e noi viviamo in una pericolosa, complessa giungla.
Ma la leadership ha tante facce e implicazioni: ecco allora che sotto il ruggito leonino c’è, rilassato, il busto di un uomo con le mani in tasca. Può incarnare l’immagine del leader nel campo del business, della politica, dei social. Sopra le fauci spalancate, quindi, sotto una posa un po’indolente: sono le contraddizioni della leadership, lati diversi di un’unica medaglia».
Non resta che captarle dalla resa scenica, a questo punto: dell’ouverture si è detto; seguirà, in prima assoluta (alle 18.30, in San Francesco), lo spettacolo italo-ungherese-armeno “Leader” , della Savaria Symphony Orchestra, diretta da Marco Feruglio. —
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