«Sbagliai a rifiutare i “Turcs”, non credevo nel friulano»

La confessione di Omero Antonutti protagonista lunedì al Verdi di Pordenone di "Omaggio a Pasolini ... tra la Carne e il Cielo" con la Filarmonica di Torino

UDINE. Cresce l’attesa a Pordenone dove al Teatro Verdi lunedì 2 novembre alle 20.45 andrà in scena Omaggio a Pasolini con la prima esecuzione di ...tra la Carne e il Cielo, un brano appositamente commissionato dal teatro pordenonese al maestro Azio Corghi.

Si tratta di un brano per orchestra, violoncello concertante, quello di Silvia Chiesa, un soprano, Valentina Coladonato, e una voce recitante. Quella di Omero Antonutti.

«È un privilegio, ci ha detto l’attore, partecipare a un evento di così grande importanza. Un evento che svela un aspetto poco conosciuto di Pasolini, quello del musicologo raffinato e ricco di felici intuizioni, come tutta la sua opera del resto».

Che Pasolini fosse in grande amante di musica e di Bach in particolare, che aveva avuto modo di conoscere durante la guerra grazie all’amicizia con la violinista triestina Pina Kalc, lei pure sfollata a Casarsa, è cosa nota. Meno noti gli scritti che ha lasciato proprio su questa musica.

«In particolare, spiega Antonuttti, sulla Sonata per violino solo n.1 in sol minore il cui tempo di Siciliana, Pasolini chiama Siciliano. Un brano che gli suggeriva la battaglia infinita tra il bene e il male, tra carnalità e spiritualità che ha poi segnato tutta la vita di Pasolini e tutta la sua opera».

Come si articola dunque la composizione? «Corghi, ancora Antonutti, ha scritto una partitura ispirandosi a questi testi, in cui Pasolini tra le altre cose analizza con inedito acume critico la ‘lezione erotica’ di Bach. Da questi scritti Maddalena Mazzocut-Mis ha tratto una drammaturgia poetica per un soprano e una voce recitante. Una sorta di libretto che interagisce con la musica».

Oltre al brano di Corghi la serata prevede l’esecuzione di altre pagine bachiane affidate a una grande orchestra - la Filarmonica di Torino - diretta da Tito Ceccherini e al pianoforte di Maurizio Baglini.

Tornando a Pasolini, Antonutti lo ha mai incontrato? «Una volta fine anni 60 a Grado, dove per un paio di stagioni avevano organizzato un Festival sul cinema muto, ricordo un Assunta Spina, appena restaurato alla presenza della sua mitica interprete Francesca Bertini, quasi centenaria. Lì Pasolini presentò anche il suo Medea con la Callas. Lo conobbi allora e mi impressionò per la mitezza e la dolcezza dello sguardo. Un’impressione, ovvio».

Quello di lunedì è anche l’ennesimo ritorno di Antonutti in Friuli, l’ultimo a Udine lo scorso 9 ottobre in occasione del convegno su Riconoscere la bellezza. «Ritorno sempre più volentieri in quella che è la mia terra, e questo mi ha permesso di riscoprirne la cultura e la lingua».

Ma quella volta de “I Turcs” diretti da Elio De Capitani, però... «Elio mi propose di essere tra gli interpreti e io stupidamente mi rifiutai, perché pensavo che il friulano non fosse lingua da teatro alto. Invece, quando lo vidi a Roma mi commossi come si commosse un’amica romana che non capiva il friulano. Lì ho capito che la potenza e la passione di una lingua possono diventare universali nella creazione poetica di una genio come lo fu Pasolini».

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