Quattro storie vere di donne vittime e sfruttate

L’educatrice pordenonese Laura Cappellozzo racconta il fenomeno della prostituzione. Oggi incontro in streaming



Un maschio su tre, residente in Italia, è cliente di prostitute: in termini assoluti parliamo di circa nove milioni di uomini e nel quattro per cento dei casi si tratta di minorenni. L’altra faccia della medaglia sono le ragazze sfruttate, quasi tutte vittime della tratta e costrette a vendersi, oggi come ieri: non c’è pandemia che tenga. I dati del 2020 parlano di 70 mila donne e così era anche l’anno precedente. A essere cambiati sono le modalità – le prostitute sono sparite dalla strada e aumentate negli appartamenti – e i Paesi d’origine: gli sbarchi resi difficili costringono le ragazze (moltissime sono nigeriane) nei centri di detenzione in Libia (dove ha inizio lo sfruttamento, e in forme anche peggiori) e in Italia sono ricomparse le prostitute dell’Est e le sudamericane: molte sono donne che a causa dell’emergenza Covid hanno perso il lavoro. È un quadro triste e dai numeri sconcertanti quello che traccia Laura Cappellozzo, autrice del libro “Donne di sabbia” (edizioni Paoline), ospite oggi alle 18.30 su Zoom (ecco l’indirizzo per collegarsi: bit. ly/librodonnedisabbia) dell’incontro promosso nell’ambito della settimana “Non solo 8 marzo”, organizzato dall’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Casarsa in collaborazione con Sportello Informadonna e Cooperativa Fai. Educatrice di Oderzo, con un master in relazioni interculturali e gestione dei conflitti, dal 2004 ha lavorato con minori maltrattati e vittime di abuso, per quattro anni in sportelli antiviolenza con una Ong a Lima, in Perù, e a progetti antitratta per vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo della provincia di Pordenone.

Nel libro Laura racconta le storie vere di quattro donne vittime e sfruttate, tutte di nazionalità diversa, con una chiave precisa, «senza mettere il dito nella piaga – dice – senza indugiare sulla sofferenza, cercando di allontanare le solite immagini stereotipate in cui queste donne sono incastrate, rappresentate con un occhio pesto, rannicchiate in un angolo. È vero, purtroppo tutto questo accade, ma c’è la loro vita, prima e dopo, c’è tutto il percorso che fanno per uscire dalla situazione di sfruttamento e violenza. Io ho provato a raccontare la forza di queste donne, che sono fragilissime e quindi per tirarla fuori, questa forza, fanno doppia fatica. E racconto anche il percorso dell’educatrice, la quinta donna, che sono io, spiegando cosa significa lavorare e vivere con le loro sconfitte e le loro conquiste, crearsi quell’imbottitura alla quale nessuna università ti prepara. Racconto la fatica quotidiana che si fa con le più giovani, poco più che adolescenti, nelle quali prevale la rabbia – prosegue l’autrice – e con le più adulte che, dopo essere state sfruttate per anni come oggetto per far soldi, hanno bisogno di sentirsi trattare come persone».

«In copertina – conclude Laura Cappellozzo – c’è una donna che cammina, libera, verso la luce e rappresenta ciò che vorrei emergesse dal libro: il riscatto di queste donne, il loro diritto a sognare ancora». —

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto