Quando il “morbo” colpì Udine: così nacque la chiesa di San Rocco per proteggere la città dalla peste

L’edificio votivo risale al 1510, anno in cui i borghi di Cussignacco, Grazzano e Cisis furono flagellati  Il Comune all’epoca segregò i malati nei quartieri infetti usando rastrelli di legno inchiodati

In giorni come questi, strani, insicuri, inimmaginabili, nei quali cominciamo a dividere il nostro tempo in un prima e in un dopo (come eravamo fino al 20 febbraio e come siamo adesso), possiamo compiere anche piccoli gesti, senza dargli un significato preciso, o forse anche sì. Sono giorni in cui capiamo meglio cosa provarono quanti ci hanno preceduto di decenni e di secoli nell’affrontare scenari simili, con la diffusione di epidemie davanti alle quali ci si sente esposti, vulnerabili. Fino a pochi giorni fa c’era la speranza, anzi la certezza, che il progresso scientifico e tecnologico ci avesse messo al riparo da tali rischi, e invece scopriamo che non è così, perché siamo ancora fragili. E allora un gesto, per chi abita a Udine, può essere quello di dare un’occhiata veloce a una chiesetta che è il simbolo del popolare quartiere di San Rocco, zona ovest della città, a due passi da viale Venezia.

Sorge accanto alla chiesa parrocchiale moderna ed è situata in una sorta di crocicchio con alle spalle via della Roggia mentre davanti inizia via San Rocco e lì vicino c’è la via dedicata ad Alberto Mazzuccato, il compositore udinese di opere liriche coetaneo e amico di Verdi.

La chiesetta di San Rocco ha esattamente 510 anni perché venne appunto costruita nel 1510 dalla confraternita di persone buone, caritatevoli, coraggiose, impegnate nell’aiutare chi veniva colpito dal flagello peggiore di allora, le pestilenze che affliggevano popolazioni povere e stremate, il cui stato di indigenza agevolava le epidemie. Si assisteva impotenti alla decimazione di famiglie, villaggi, città, senza disporre di difese. Il fenomeno riguardava tutta la penisola italiana e l’Europa, dove il contagio veniva incentivato dal passaggio di eserciti stranieri. Nel 1510 il terribile morbo, come si legge nelle cronache dello storico Antonio Battistella, infierì soprattutto sui borghi di Cussignacco, Grazzano e Cisis per cui il Comune decise di segregare la parte infetta della città usando rastrelli di legno inchiodati. Sequestrò nelle loro abitazioni i malati, ai quali nessuno poteva avvicinarsi, nemmeno il prete. In questa situazione apocalittica nacquero le confraternite, associazioni cristiane finalizzate all’auto-aiuto per dare una mano e stare vicino moralmente ai colpiti. A Udine ce n’erano cinque devozionali, ma poi esistevano anche quelle di mestiere, costituite da chi faceva lo stesso lavoro (battilana, calzolai, fabbri, marangoni, pellicciai, eccetera).

La confraternita di San Rocco era nata all’interno del duomo e, quando l’epidemia del 1510 cominciò a decrescere, organizzò una grande processione uscendo da porta Poscolle per raggiungere alcuni casali di campagna, dove si decise di costruire la chiesetta votiva, dedicata appunto al santo protettore dalla peste. Rocco nacque in Francia, a Montpellier, intorno al 1350. Alla morte dei ricchi genitori, donò i suoi beni e si affiliò al Terz’Ordine Francescano intraprendendo il pellegrinaggio verso Roma. Durante il viaggio ebbe modo di assistere molti malati di peste e all’arrivo si fece conoscere per la miracolosa guarigione di un cardinale, dopo avergli tracciato il segno della croce sulla fronte. Contagiato a sua volta, si ritirò in un bosco vicino a Piacenza dove sopravvisse assistito a un cane che ogni giorno gli portava un pezzo di pane.

La consacrazione e l’apertura della chiesa avvennero nel 1511, anno pure terribile per Udine e il Friuli a seguito di due fatti quasi concomitanti. Il 27 febbraio in città si scatenò la rivolta della Crudel Zobia Grassa, con assalti ai palazzi, incendi, uccisioni, tra le fazioni degli strumieri e degli zamberlani. Una piccola testimonianza di quanto avvenne è il pozzo ancora esistente in via Stringher, dove vennero gettati i corpi di cinque assassinati. Ma pochi giorni dopo, il 26 marzo, si scatenò pure un devastante terremoto del nono grado Mercalli che colpì soprattutto Udine, Gemona, Cividale. Fu il colpo di grazia e inaugurò una fase sismica durata fino al 1529.

La posizione della chiesetta non era casuale perché lì, stando alla leggenda, apparve San Rocco per annunciare la fine dell’epidemia. E quello divenne poi, oltre che meta di pellegrinaggi e preghiere, il punto di sosta per i contadini che attendevano il visto sanitario prima di entrare in città con il bestiame. Ma c’è poi un lato artistico notevole da narrare. La confraternita, con atto del 1514, chiamò uno dei massimi pittori friulani di allora, Martino da Udine detto Pellegrino di San Daniele, per dipingere la pala d’altare che raffigurasse la Madonna con il Bambino fra San Rocco e San Sebastiano. Lo splendido originale è esposto al Museo diocesano mentre nella chiesetta, aperta solo in certe occasioni, c’è una copia.

Tutta questa vicenda legata al voto del 1510 e alla chiesetta è proposta in un libro prezioso. S’intitola “Ti racconto San Rocco. Storia di un suburbio tra luoghi e identità” e lo ha scritto Giorgio Stella con passione e abilità di ricercatore. Nelle sue pagine emerge un frammento del passato che in qualche modo ci lega agli stati d’animo del presente. Ma Udine ha anche altre tracce da svelare. —


 

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