Prima di Noi: la saga familiare girata in Friuli da gennaio su Rai Uno

Nella serie tv diretta da Daniele Luchetti anche espressioni in marilenghe. Il regista: «Un altro pianeta»

Gian Paolo Polesini
Maurizio Lastrico, uno dei protagonisti della serie tv girata in Friuli
Maurizio Lastrico, uno dei protagonisti della serie tv girata in Friuli

«Ogni Paese confida in un solido riferimento identitario: l’Italia si affida alla famiglia, con orgoglio antico». Quanto cinema e quanta tv ne hanno tenuto conto, facendo transitare le epoche attraverso la sala da pranzo di tante case italiane, ottocentesche e novecentesche. L’esperienza di Daniele Luchetti, che diresse pure “L’amica geniale”, un intenso spaccato sociale di un Sud inizialmente a tu per tu con i Cinquanta, ha reso “Prima di noi”, serie Raiuno in cinque serate in onda dal 4 gennaio — tratta dal romanzo di Giorgio Fontana — un’esperienza esistenziale da condividere, nell’intimo di un’umanità in attraversamento del Novecento: dal 1917, percorso al rombo del cannone e dove gli uomini confidavano di essere tutti degli eroi, alla fine dei caotici e colorati Settanta, un’era di grande evoluzione del pensiero.

Nella conferenza stampa romana di via Teulada 66 (sede storica Rai che venerdì ha compiuto esattamente 68 anni) Luchetti, assieme all’altra regista Valia Santella e agli interpreti Linda Caridi, Andrea Arcangeli, Maurizio Lastrico, Matteo Martari, Diane Fleri, Fausto Maria Sciarappa, Romana Maggiora Vergano e a tanti altri, ha rivelato le emozioni condivise nei cinque mesi di riprese, vissuti dal Friuli montano (con la complicità della Fvg Film Commission-Promoturismo Fvg) fino al Marocco, passando per Veneto e Piemonte.

«Abbiamo scelto come location iniziale la località di Cimolais, in provincia di Pordenone — spiega il regista — in quanto appartiene veramente a un altro pianeta. Mi è bastato uno sguardo per capirlo e per dire: eccoci arrivati».

Il friulano è una lingua che nella fiction è stata curata con particolare attenzione. È la protagonista Linda Caridi — che interpreta la giovane e coriacea Nina — a spiegare le cure riservate dalla produzione all’idioma locale. «Con curiosità ci siamo affidati all’esperienza della coach Sara De Mezzo, originaria di Codroipo, per cercare l’inflessione migliore da consegnare ai nostri personaggi. Nel copione la parte in italiano era affiancata da quella in lingua, ma non abbiamo potuto esagerare con le espressioni friulane. Avremmo dovuto usare troppi sottotitoli e così, anche per ragioni televisive, la scelta è scivolata su un’inflessione leggermente veneta, lasciando però intatti alcuni caposaldi di espressione comune come “mandi” e “fruts”, per esempio».

Sessant’anni di italica vita con un solido nucleo narrativo: lo spirito distruttivo maschile, rappresentato da Maurizio, legato alla guerra e all’incapacità di nominare i sentimenti, e quello costruttivo femminile, incarnato da Nina e dalle donne che hanno tenuto insieme la famiglia e il paese. Quindi siamo passati al Noi dei Settanta, per arrivare all’Io di oggi», spiegano Luchetti e Santella.

Una sorta di romanzo di formazione — oltre a Luchetti e a Santella c’è la firma di Giulia Calenda — manovrato dai Sartori, una famiglia composta da tre generazioni di costruttori e distruttori, archetipi eterni che cercano il loro posto nel mondo e il riscatto della colpa di chi è venuto prima di loro. Si comincia dalla fuga dal fronte dopo la ritirata di Caporetto per raggiungere un Nord Italia inesplorato degli anni a venire, affascinante e contraddittorio. «Sono stato costretto a regalare il libro a mia madre — spiega Maurizio Lastrico che interpreta Gabriele— perché temevo che credesse davvero a ciò che stavo facendo. "Mamma non preoccuparti, è tutto finto, stai tranquilla”, le ho detto per rassicurarla. Iil confine tra finzione e realtà è davvero minimo».

Il the end arriverà nel 1978. Giusto il tempo per conoscere la gioventù ribelle, indipendente e portatrice di speranza di Eloisa (Romana Maggiora Vergano), una ragazza che non teme la contraddizione ed è l’emblema dell’emancipazione. Resta, infine, un dubbio: è la società a cambiare i personaggi o sono i personaggi a trasformare la società? —

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