Preziose storie di “Padri e figli” anche da Londra e dalla Russia a Illegio

Mancavano all’appello e ora sono arrivate. Sono le ultime cinque opere che erano attese per completare il percorso espositivo dei sessanta capolavori della mostra di Illegio “Padri e figli”. E così ora, a chi alla mostra ha dedicato già una prima visita, non resta che cogliere l’occasione per un secondo giro e arricchire la visione di altri cinque splendidi dipinti.
Si tratta di un gruppo di quattro opere ottocentesche provenienti dalla Galleria Tretyakov di Mosca, uno dei più bei musei della Russia, e di un’opera dell’ultimo decennio del Seicento di collezione privata londinese. In quest’ultima si incontra Lot, nipote di Abramo e protagonista, suo malgrado, di una storia incestuosa con le due figlie, narrata nella Genesi.
Un dipinto del pittore austriaco Johann Rottmayr von Rosenbrunn che, in linea con gli eccessi più emblematici del Barocco, realizza una scena in cui la sensualità delle carni esposta e illuminata in primo piano cattura l’attenzione del riguardante. Lot viene reso ebbro dalle figlie che a turno si uniscono a lui per potergli dare una discendenza dopo la morte della madre durante la fuga dalla distruzione di Sodoma (visibile quest’ultima nell’angolo in alto del dipinto). Lot ha l’occhio sbarrato, inconsapevole e in una mano accoglie il vino, nell’altra le carezze, completamente inerme e abbandonato al piacere.
Le opere russe ricoprono invece un arco temporale di sessantacinque anni e ricadono in stilemi e suggestioni ispirate da principi e soggetti che partono dal Neoclassicismo per arrivare al Simbolismo più emblematico.
Nel dipinto del 1824 di Aleksandr Andreevič Ivanov si riprende un passo dell’Iliade di Omero (XXIV libro) e si narra di un padre che ha perduto il figlio: Priamo. La scena raffigura quest’ultimo, implorante in ginocchio al cospetto di Achille la restituzione del corpo di suo figlio Ettore.
Impostato lungo una diagonale, il dipinto è diviso lungo questa a metà, ha una direzione ascendente ed è cosparso di riferimenti simbolici: dal caduceo poggiato sul pavimento tra Priamo ed Achille, emblema di pace e prosperità e che serviva a dirimere le liti, alla statua di Giove che sovrasta Achille.
Un altro padre piange sul corpo del figlio nel dipinto del 1864 di Vyacheslav Grigorievich Schvarts ed è Ivan il Terribile: preziosi damaschi, velluti, pellicce e paramenti arricchiscono la funzione religiosa in un ambiente scuro e illuminato da fioche candele mentre Ivan, compiuto l’omicidio del figlio in un accesso di collera, ha lo sguardo perso nel vuoto ed ha lasciato cadere il rosario.
Tutt’altra luce presenta l’opera di Vasily Vereschagin del 1868 La visita al padre carcerato, diffusa e cruda, sottolineata da un disegno accurato. La scena è triste e realistica e sul quadretto familiare pesa l’angoscia del futuro anche se il bambino più piccolo giocherebbe volentieri coi lacci delle scarpe del padre.
Figlio di un padre aristocratico e proprietario terriero, avviato alla carriera militare navale dalla sua famiglia, Vereschagin manifestò presto una propensione al disegno e alla pittura e maturò un profondo senso di orrore per la guerra, di cui aveva conosciuto il vero volto. Per questo forte senso di fedeltà al reale si distaccò presto dalle convenzioni accademiche e, ammirando la forza di alcuni artisti francesi votati al realismo critico e crudo, come Jean-Louis Gérôme, scelse soggetti di forte impatto sociale.
Infine un dipinto sgranato e molto materico, con una dominante quasi dorata, La visione del giovane Bartolomeo, un’opera simbolista del 1889 di Mikhail Vasilyevic Nesterov, frutto del suo viaggio a Parigi e del suo incontro con l’arte occidentale. Il soggetto prescelto da Nesterov è il giovane Bartolomeo, che diventerà san Sergio di Radonez, figura fondamentale della spiritualità ortodossa, protagonista da bambino di un’apparizione.
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