Popesso l’artista che ha immaginato i friulani come i loro gelsi

Angelo Popesso (1934-1993) guarda il Friuli da un ambiente del tutto particolare: la natia Marano Lagunare. In un territorio limitato come il Friuli dove in una manciata di chilometri è possibile...
Di Alvise Rampini*

Angelo Popesso (1934-1993) guarda il Friuli da un ambiente del tutto particolare: la natia Marano Lagunare. In un territorio limitato come il Friuli dove in una manciata di chilometri è possibile passare dai monti al mare, vivere la laguna è un’esperienza diversa, nel parlare, nel pensare, ogni traguardo si confronta con un paesaggio aperto, piú solare.

«Del gelso, Popesso ha fatto il simbolo d’una civiltà contadina che muore...», scriveva Dino Menichini (1974) e lo stesso Popesso, nell’ultima intervista del 1993, dichiarava: «Questo albero sembra il carattere del friulano, duro sulla terra, nodoso, se lo sai trattare ti regala le buone more dell’estate. Una volta dava lavoro al contadino e alle filande... per me è il carattere del friulano, duro e attaccato alla sua terra». Angelo Popesso non si afferma subito come pittore, benché alcuni riconoscimenti giovanili ne colgano il talento, ma è un corniciaio. Anche questa è un’arte. La sua manualità, il suo buongusto in questo mestiere sono largamente apprezzati perché mette assieme conoscenza dei materiali e abilità creativa. Il timido approccio al mondo dell’arte è facilitato dall’essere in contatto nel suo negozio “L'amico del pittore” con numerosi esponenti delle avanguardie friulane, ma questo non porterà Popesso a una ossequiosa sequela, bensí a una differenziazione e a un’affermazione della propria personalità. Il Friuli di Popesso è autentico, è quello delle piccole cose, del quotidiano, dove è possibile apprezzare una vita semplice e modesta che cambierà sensibilmente con lo “spartiacque” storico del terremoto del 1976. È anche vero che Popesso ha maturato autonomamente le sue esperienze da autodidatta, da attento osservatore delle opere degli altri artisti piú blasonati che si recavano in bottega, ma il suo Friuli ha un’impronta del tutto originale, una luce e dei colori che rendono inconfondibile il suo stile. È il desiderio forse di far apparire nel dipinto qualcosa di personale, il racconto della sua realtà. Il suo stile non è di difficile lettura, la semplicità delle tracce di luce ci conducono alla soluzione scoprendo i limiti che egli pone a se stesso, ma non dobbiamo dimenticare che si presenta come un pittore sottoposto solo parzialmente alle influenze delle scuole contemporanee, può essere meno elaborato, meno costretto dai canoni, senza inseguire le metamorfosi e i miti. Gli anni della maturità sono i piú interessanti poiché convivono passato e presente, perché i rapporti umani non sono degradati in diffusa solitudine, ma si può ancora vivere in una comunità dove scambiare sentimenti e sensazioni. E sono anche anni di impegno concreto in particolare per un valore non astratto come la libertà, vissuta con le lotte del Cormôr, la cui eco giungeva nella Marano della sua prima giovinezza, fino alla contestazione del Sessantotto. C’è chi assimila Angelo Popesso al movimento neorealistico friulano, ma in realtà va oltre e appare piuttosto come un testimone preoccupato, preso dalle emozioni di un paesaggio agreste e di una architettura rurale che vivono sempre piú nei suoi ricordi.

(curatore della mostra*)

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