Piussi nelle Alpi Giulie

Chiusaforte
Che emozione quando al rifugio Corsi si sono levati i calici per Ignazio Piussi! Domenica ai piedi dello Jôf Fuart c’era tutto il Cai regionale a rendere omaggio al leggendario alpinista a dieci anni dalla scomparsa. C’era il figlio Alessandro, geologo udinese, che con la onlus intitolata al padre sta promuovendo la riscoperta dei sentieri della Val Raccolana e delle Alpi Giulie occidentali care a Ignazio. Tappe fondamentali della storia della montagna e dell’alpinismo friulano, cominciata con gli antenati Piussi e Pesamosca, pionieri delle scalate alle vette nella seconda metà dell’Ottocento e nel primo Novecento. L’ “escursione nelle montagne di Ignazio Piussi per ricordarlo nei suoi luoghi” si svolgeva nell’ambito del Festival delle Alpi e delle montagne italiane, promosso dal Cai, di cui Piussi era accademico. «Per noi partecipare ha avuto la valenza del ricordo di un grandissimo alpinista ma anche quella di portare le persone a frequentare queste magnifiche montagne» ha detto Silverio Giurgevich, presidente del Cai Fvg.
Il sentiero Cai 628 sale dal ponte sul Rio Torto per l’antica strada militare e arriva alla Parete del Gocce nel gruppo dello Jof Fuart e alla palestra di roccia sotto l’Ago di Villaco, intitolata all’alpinista scomparso. Dopo la salita al rifugio, la sosta a malga Grantagar, un tempo gestita proprio dalla famiglia Piussi, e il rientro dal Sentiero dei Tedeschi (Cai 628a), la giornata si è conclusa con la visita alla Malga dell’Alpinismo, centro didattico espositivo a Sot Cregnedùl, poco oltre Sella Nevea sulla strada per Cave del Predil. Un luogo molto amato da Piussi, che ha trascorso gli ultimi anni in questa località, dove ora la figlia Anna gestisce il ristoro con foresteria, meta di appassionati ed escursionisti.
Nella Malga dell’Alpinismo, creata con fondi regionali, provinciali e del Comune di Chiusaforte, fortemente voluta dai figli con il contributo di amici e compagni di scalate di Piussi, sono custodite memorabilia che ricordano le imprese al Lhotse con Riccardo Cassin, in Antartide con Marcello Manzoni e sulle Dolomiti, come l’indimenticabile direttissima del 1959 alla Torre Trieste nel massiccio del Civetta, e poi i ricordi di imprese locali, fra cui l’ascensione alla parete nord del Piccolo Mangart di Coritenza (1962). Impressiona sollevare gli scarponi indossati all’epoca, pesantissimi, e osservare abbigliamento e attrezzatura, molto lontana dal corredo tecnico usato oggigiorno. Ma la Malga dell’Alpinismo serve anche a memoria delle genti montanare, di chi la montagna la abita e la ama, non solo la frequenta per turismo.
Ed è proprio alla memoria del montanaro Piussi che si vuole riscoprire il sentiero lungo il Rio Grantagar, via breve e alternativa alla lunga strada militare che sale dalla ex polveriera in Val Rio del Lago. «Mio padre ne aveva parlato agli amici goriziani Paolo Geotti e Carlo Tavagnutti – ricorda il figlio Alessandro – e quest’ultimo proprio domenica lo ha individuato, segnandolo con ometti e bolli rossi. Non si tratta di una mulattiera ma di un vero sentiero, di una traccia di valligiani. Infatti Carletto lo chiama troi ed è così che lo vorrebbe semplicemente indicare». A 89 anni, Carlo Tavagnutti, alpinista, ricercatore e fotografo fra i più noti delle Alpi Giulie (sue le immagini di “Volo con l’Aquila” di Celso Macor) non ha voluto mancare alla giornata dedicata a Piussi. Ma ciò che più desidera è rivedere aperto il “troi di Ignazio”, quello che con inesauribile fiato risaliva dalla valle il ragazzo che faceva il malgaro e un giorno diventò una leggenda delle cime. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto