Pavel Berman: «Paganini è virtuosismo e passione»

PORDENONE. Il virtuosismo e la passione. Potrebbe essere questo il tema del concerto che Pavel Berman, violinista di prestigio internazionale figlio del grande pianista Lazar, terrà domani, alle 20.45, al Verdi di Pordenone. Da solo sul palco, Berman eseguirà i 12 Capricci per violino solo di Paganini, oltre alla Sonata a Paganini di Schnittke, alla Partita n.2 di Bach e la Sonata n.3 Ballade di Ysaÿe. Brani in cui il virtuosismo dell’esecutore e la fitta scrittura musicale paiono aggredire l’ascoltatore.
«È vero – ci dice Berman –, ma non bisogna cadere nel luogo comune». Non è forse vero che le partiture di Paganini sono emblemi del virtuosismo? «Certo, certo. Ma corro il rischio di dire una “nota stonata”, mi lasci passare il termine, sulla figura di Paganini. Cioè: è ovvio che sia stato un genio del violino, ma quello che spesso passa in secondo piano è l’incredibile importanza che la sua figura ha avuto. In altre parole, si può benissimo identificare una linea di demarcazione nella musica tra il “prima” e il “dopo” Paganini. Il suo modo di concepire la musica ha influenzato in modo sostanziale Schumann, Liszt, Rachmaninov, e più recentemente Lutoslawski, Schnittke e Dalla Piccola, per esempio. Ma poi, se si riesce a vedere oltre la superficie virtuosistica, si scoprirà una struttura musicale complessa e passionale. Guardi, quando suono i Capricci di Paganini, è come eseguire un’intera opera italiana. Nel senso che non si tratta di una parafrasi, dell’adattamento per violino di una partitura operistica. Tutt’altro. La sua scrittura, la struttura stessa con cui concepisce la partitura esprimono una ricchezza infinita di passionalità e lirismo. Ogni capriccio ha un suo carattere, una fisionomia con una profondità assolutamente geniale».
E fare musica oggi, maestro, che significa? «Ai miei studenti io dico sempre di farla musica solo se sentono di non poter vivere senza, altrimenti è meglio dedicarsi ad altro... Sì, assolutamente, è stato così anche per me, vivevo solo per lo strumento. E poi non è un caso che io esegua la Sonata a Paganini di Schnittke. A Mosca, con la mia famiglia, vivevano nello stesso palazzo. Non posso dire di essergli stato amico, all’epoca, ma lo incontravo spesso, e lo ammiravo già da ragazzino. Poi, quando fui in grado di eseguirne la musica, andai a casa sua a fargliela sentire e ricordo quel momento con grande emozione. È a lui che dedico la mia scelta del repertorio, per l’80º anniversario della nascita che si celebra quest’anno». Berman suona uno Stradivari, e dice: «È uno strumento fantastico! Il Conte De Fontana 1702 che è appartenuto a David Oistrach e mi è stato affidato dalla Fondazione Pro Canale di Milano. Ho un’intesa unica con questo strumento, mi trovo divinamente!»
Gabriele Giuga
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