Pat Metheny e i suoi 20 Grammy Awards sbarcano a Udine: in concerto il 31 ottobre al Teatro Nuovo
Il celebre chitarrista e compositore statunitense aprirà la diciottesima edizione di “Note Nuove”: «Un’esibizione completamente nuova per me: sarò da solo»

«Ancora non mi sento neanche lontanamente vicino a dove vorrei arrivare come musicista, ma fin qui credo di aver fatto grandi progressi»: a pronunciare umilmente queste parole è Pat Metheny, universalmente riconosciuto come uno dei chitarristi più influenti della storia, 20 Grammy Awards vinti nel corso della sua lunga carriera, collaborazioni con Ornette Coleman, Herbie Hancock, Jaco Pastorius, Milton Nascimento e David Bowie. Il leggendario chitarrista e compositore statunitense apre la diciottesima edizione di “Note Nuove”, organizzata da Euritmica, per giovedì 31 ottobre alle 20.45 al Teatro Nuovo Giovanni da Udine.
Metheny, l’estate scorsa aveva suonato anche a Udin&Jazz. Conosce un po’ questa zona?
«Mi sento fortunato per aver avuto la possibilità di visitare la regione diverse volte negli anni, in qualche occasione ho avuto anche modo di godermi il territorio, mi piace molto e sono sempre felice di tornare».
Cosa proporrà nella sua esibizione al Teatrone?
«Una presentazione completamente nuova per me. Finora sono sempre stato il bandleader che compone la musica e deve poi trovare musicisti qualificati che possano interpretare quei brani in studio e dal vivo. Questa volta, invece, sono da solo. Ogni strumento che cambio durante il concerto deve suonare al meglio. Ho fatto circa cento concerti in questa modalità e mi sento a questo punto cambiato, in positivo. Si tratta di un’esperienza che mi ha fatto crescere oltre ogni mia aspettativa. Si è creata una connessione pazzesca con il pubblico, e con la musica stessa».
Il concerto sarà incentrato sulla sua ultima uscita discografica “MoonDial”. Come è nato questo album, arrivato a poca distanza dal precedente “Dream Box”?
«La chitarra solista non è stata così frequente nella mia carriera, come dicevo, mi sono sempre avvalso di una band. Quando una delle mie collaboratrici, la liutaia Linda Manzer, realizzò la sua prima chitarra baritono per il fantastico chitarrista newyorkese Craig Snyder, provai a suonarla. Ne ho subito voluta una identica: da allora mi si è aperto un universo musicale davanti. Dai primi esperimenti nacque l’album di sola chitarra baritono (premiato ai Grammy) “One Quiet Night”. L’anno scorso, quando mi trovavo in tour per promuovere “Dream Box” ho voluto sperimentare con un altro tipo di baritono, questa volta con le corde in nylon: negli hotel e nelle pause tra le date è nato tutto il materiale che poi è finito in “MoonDial”».
In fase di composizione quanto conta l’ispirazione e quanto invece conta il “mestiere”?
«C’è una linea sottile in cui le due cose si fondono sempre di più quando la tua abilità si evolve. Oggi arrivo al risultato in maniere che mai avrei immaginato agli esordi, l’evoluzione è costante».
Tradizione e innovazione che valore hanno nella sua musica?
«Cerco di vivere sempre nel presente. Nella musica, la tradizione stessa è cambiamento, nulla è fermo».
Che peso dà ai riconoscimenti come i Grammy?
«Tutto quello che mi è successo grazie alla musica è andato ben oltre ogni mia speranza. Ne sono grato, e apprezzo tutto quello che fa parte della mia carriera professionale. Ma, onestamente, la mia priorità è sempre stata quella di cercare di capire veramente la musica e di essere all’altezza dei musicisti che più ammiravo. A casa mia non c’è alcun premio appeso alla parete: vi potrete trovare solamente un sacco di strumenti e di fogli manoscritti».
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