«Ora il Friuli gli vuol bene»

UDINE. Quarant’anni, decisamente una cifra inconsueta per un anniversario, eppure i quarant’anni dalla violenta morte di Pier Paolo Pasolini, avvenuta il 1 novembre 1975, sono entrati nell’agenda del Ministero del Beni Culturali, cui hanno corrisposto numerosissimi enti, teatri, artisti da tutte le parti d’Italia.
Allora viene spontaneo chiedersi le ragioni di un’adesione cosí sorprendente. Anche perché mai prima si era vista un’ufficialità cosí alta nei confronti dell’opera di Pasolini, che proprio contro l’ufficialità dello Stato aveva lanciato critiche e invettive, contro il sistema di cui denunciava le tante derive antidemocratiche.
Di questo abbiamo chiesto conto ad Angela Felice, che dal suo osservatorio privilegiato, il Centro Studi Pasolini di Casarsa di cui è direttrice, ha avuto modo in questi anni di monitorare quanto e come veniva fatto in memoria del poeta.
«Devo ammettere che ha dell’incredibile questa che è una mobilitazione vera e propria: ma è un bene, finalmente Pasolini è sdoganato. C’è il rischio che ci si fermi alla superficie della sua personalità di artista e letterato, alle formule riduttive con cui è stato consegnato all’immaginario collettivo, “la disperata vitalità”, “lo scandalo del contraddirmi”...semplificazioni che però tradiscono un’attenzione e un amore veri. E di questo non posso che essere contenta, soprattutto per quanto riguarda il Friuli, dove è stato fatto in questi anni un considerevole passo avanti nella riconoscenza verso questo grande linciato in vita e anche dopo, di cui finalmente andare orgogliosi».
Questo grazie anche al lavoro fatto con continuità in questi anni dal Centro Studi casarsese, che non a caso è stato uno dei punti di riferimento anche nella Commissione voluta dal ministero; e che comunque non si è fatto sorprendere da questo bizzarro anniversario.
«Anche se in questo momento – racconta Felice – siamo tirati da tutte le parti, con richiesta di patrocini e collaborazioni non solo in regione ma in tutta italia e anche all’estero, il lavoro attorno e su Pasolini è quotidiano, per una divulgazione non banale, in equilibrio tra lo specifico della tradizione friulana e la dimensione piú universale di Pasolini».
Un quotidiano fatto di? «Gestiamo un sito, continuamente aggiornato su quello che succede in Italia e all’estero; siamo presenti con i visitatori sempre piú numerosi nei luoghi pasoliniani; realizziamo appuntamenti come le letture o le presentazione di libri, interventi nelle e per le scuole; facciamo mostre fotografiche e momenti importanti di studio come il Convegno di questi due giorni, un evento dal respiro internazionale col quale si è fatto il punto sul perché Pasolini continua a essere al centro di studi, dibattiti, prese di posizione».
Ecco, perché? «Qui il discorso si fa complesso. I motivi sono tanti: uno soprattutto sembra prevalere sugli altri, vale a dire il fatto che Pasolini con il suo pensiero, certamente non debole, la sua vita dagli aspetti anche contraddittori, le sue analisi socio antropologiche e la sua passione, viene a riempire un vuoto profondo, la mancanza di riferimenti morali e ideali che ormai da qualche anno investe la nostra società».
Da qui alla santificazione il passo è breve! «Forse, e, vista l’occasionalità del quarantennale, si può temere la banalizzazione e il fatto che dopo questo anno non se ne parli piú: ma è un rischio che va corso. Direi che però Pasolini è inconsumabile, qualcosa di lui e della sua opera resta sempre, perché è sempre inattuale».
Inattuale in che senso, molti hanno visto in lui una sorta di profeta. «No profeta no. Pasolini con la sua intelligenza geniale ha saputo leggere il suo tempo, intuendone le prospettive che poi si sono verificate. L’inattualità è data dal suo essere fuori dalle cose e al tempo stesso dentro con la tensione di chi vuole capire, irridere, provocare, discutere, senza mai però esserne integrato. Pasolini non è mai stato funzionale a nessuno, solo a se stesso: il suo è un esempio di una libertà e indipendenza totali, pagate a caro prezzo fino alla morte».
Ecco la morte, che torna spesso a occupare anche l’attenzione dei media, viste le circostanze drammatiche e oscure in cui è avvenuta.
«Questo in Italia, dove spesso si è puntato piú sugli aspetti scandalistici della vita di Pasolini, la sua omosessualità, che sulla sua opera. All’estero, e lo dico con cognizione di causa visto che come Centro Studi abbiamo molti contatti, tutto questo non avviene. Di come è vissuto e morto Pasolini importa nulla».
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