Odorico, Basilio e Celso nelle “terre senza termine”: la via friulana alla Cina

Quando il cardinale Celso Costantini fu nominato dalla Santa Sede come primo Nunzio in Cina, poteva apparire un prosieguo di figure della nostra Regione presenti in quell’Impero che il gemonese Basilio Brollo definiva “terre senza termine”.
Quelle terre che tre secoli prima di lui erano state calcate dal francescano Odorico da Pordenone, reso celebre dalla sua relatio, commentata recentemente con il lavoro accurato di Antonio De Biasio e confrontata in molti passi con le analoghe scritture di viaggiatori e mercanti di fine Duecento e primi Trecento, quali Marco Polo, Guglielmo Rubruck, John Mandeville e altri.
È vivo infatti in Odorico l’interesse per una quotidianità fatta di mercati, mercanti, spezie, pesi e misure in ogni luogo visitato. La rilettura di De Biasio ci consente di far risaltare alcuni dati di costume della società cinese che per primo Odorico fece conoscere all’Occidente come la grande coppa di giada dei Monti Du installata per le libagione nella sala del Palazzo Imperiale nel 1266 e da lui chiamata con la lingua Uigura “grande mare di khas”, oppure la storpiatura dei piedi delle bambine per raggiungere un ideale di bellezza femminile.
La relatio del francescano pordenonese ci informa anche del suo percorso quando verso il 1323 sbarcò a Guangzhou, l’odierna Canton, e risalendo il Manzi (Cina meridionale) verso il 1325 giunse a Khanbaliq (Pechino) alla corte del Gran Khan, dove si trattenne per un triennio.
La raffinata simbologia presente nella grande ricchezza della cultura cinese lo affascinerà anche per i nomi delle porte che consentivano gli ingressi nella città del Gran Khan: dalla “porta della bellezza e rettitudine” a quella della “modesta deferenza”, a quella “della serenità e della castità”, a quella “del rispetto e della purezza”, sino a quella “del giusto governo”.
Porte delle virtù interiori che ci permettono di riflesso anche l’ingresso nel profondo di noi stessi. Quello che ci descrive poi di meraviglioso rientra nel gusto del tempo: dagli impressionanti bestiari, alle giade, in un viaggio che dovette certamente sfamare la curiosità della fantasia medioevale. De Biasio ha peraltro ripercorso l’ardimentoso viaggio di Odorico rendendoci l’itinerario particolarmente ricco di informazioni storiche, geografiche, etimologiche, etnografiche, supportando le sintetiche narrazioni del diario odoriciano confortato da una disamina de visu che sinora non era stata fatta.
L’ultimo documentario di History Channel prodotto sul “Milione” di Marco Polo, ribadisce che non ci sono prove che confermino i rapporti del Polo, mentre implicitamente confermano che il frate friulano è veramente andato in Cina al tempo dei Mongoli, la qual cosa non era assolutamente accettata in passato. Di questa importante figura il cui bellissimo sepolcro si conserva ora nella Chiesa del Carmine di Udine (un tempo in quella di San Francesco) la nostra Regione troverà uno storico conforto nei suoi rapporti economici e culturali che sta intraprendendo.
Un’altra di notevole valenza per un rapporto più diretto con la Cina è quella di Padre Basilio Brollo di Gemona; fu l’autore infatti del primo dizionario cinese-latino che redasse collaborando con letterati cinesi consapevole che il latino era l’unica conosciuta da tutti i missionari. Un colossale lavoro finito nel 1694 e dal quale sarà ricavato il manuale scolastico “Dictionarium Sinico-latinum”. Il suo viaggio in Cina, dal Convento di San Bonaventura di Venezia, sede del Ministro provinciale e dello studio generale, sarà stimolato dal volere di Papa Innocenzo XI che aveva deciso di inviare un gruppo di Frati dai Missionari Apostolici della Cina.
Nel 1696 lo stesso pontefice gli conferì il Vicariato Apostolico dello Shaanxi, un territorio vasto il doppio dell’Italia che lo costrinse a estenuanti viaggi portandolo alla morte nel 1704. Il suo dizionario fu ricopiato a mano e diffuso per l’utilizzo tra i missionari europei quando agli inizio dell’Ottocento con Napoleone I si ordinò la stampa affidata all’ex Console francese a Canton Chrétien Louis Joseph de Guignes (1759-1845).
Questi utilizzò il lavoro del Brollo con qualche ampliamento pubblicandolo a suo nome, finché la Società Asiatica di Parigi ne mise in evidenza il plagio. Il suo lavoro rappresentò un vero e proprio trait d’union con il Celeste Impero garantendo agli Europei una più profonda conoscenza dell’identità culturale cinese; dopotutto gli stessi Missionari vestivano “alla cinese”, secondo il costume dei letterati, che il Brollo definisce “la vera nobiltà della Cina”, stimati non per nascita (come avveniva in Europa), ma per la loro rigorosa applicazione.
Il trittico di queste relazioni si concreta con il grande cardinale Celso Costantini, eccellente diplomatico, che fu per un decennio delegato apostolico in Cina operando in ben difficile situazione (erano infatti i tempi della guerra civile interna). Si trattava di annodare relazioni diplomatiche dirette tra Santa Sede e Repubblica Cinese fondata da Sun-Yat-Sen. La sua presenza in Cina fu infatti salutata positivamente dai diversi Vicari Apostolici, ma avversata dalla Francia e da altre nazioni estere che nel territorio cinese avevano costituito un neo-colonialismo occidentale che Costantini chiamava “feudalesimo territoriale”.
Considerazioni di un Vicario rispettoso della grande e millenaria tradizione culturale e politica della Cina, che ovviamente si confrontava con certi indirizzi politici europei non condivisibili. La situazione pregressa all’epoca di Costantini in Cina poneva infatti la Francia, grazie a un considerevole numero di missioni cattoliche, in una condizione di privilegio, supportata da una Stampa in sintonia con le autorità francesi nel voler tutelare il proprio protettorato.
Nel 1922 Pio XI designava a ricoprire la carica di Nunzio in terra cinese il Costantini che si era subito accorto dell’ingerenza francese sui Missionari, lui che auspicava la nascita di una Chiesa indigena e alla costituzione di una gerarchia locale (i primi Vescovi cinesi furono ordinati dal Papa nel 1926), favorendo la tradizione iconografica cristiana innestata sulla grande tradizione artistica cinese; incoraggiava infatti una nuova arte adatta alle nuove culture con cui la fede cristiana si confrontava. Una figura, quella di Costantini, che tutt’ora richiede ricerche approfondite che man mano si continuano a promuovere essendo una realtà ricca e complessa negli aspetti sia di pastore che di scrittore, di cultore d’arte ed appassionato scultore, attento alle necessità sociali, diplomatico, e di capace uomo di governo nella Chiesa.
Non va poi dimenticata l’attenzione dei cinesi verso i più interessanti personaggi del mondo economico tant’è che come figura “di onore” venne celebrato negli anni’60 con due leoni eretti all’ingresso del Parco di Hong Kong Lino Zanussi; come va altresì ricordata la figura di Alfonso Desiata che promosse in Cina le “Assicurazioni Generali”.
“La Cina è vicina”, ricordava un film d’epoca, e ora per la nostra Regione “è vicinissima”.
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