Mauro Corona: «Sono stanco di combattere, cerco la pace»

LIGNANO. Sono giorni tristi per Mauro Corona. È in procinto di recarsi a Lignano, dove lo attendono agli “Incontri con l’autore e con il vino”, organizzato dall’associazione Lignano nel terzo Millennio. Al Palapineta, alle 18.30 di oggi, dialogherà con Alberto Garlini in merito al suo ultimo libro, “I misteri della montagna”, edito da Mondadori.
L’umore, però, non è dei migliori: l’estate si è portata via Icio, vecchio amico e factotum, cinquant’anni di storia comune. E non si sa dare pace, l’uomo di Erto, che in quei giorni se n’era andato ad arrampicare sulle Dolomiti. «Icio si era chiuso in casa a bere. Avrei dovuto agguantarlo, portarlo a disintossicarsi. Ho pensato di lasciarlo lì: che si sfibrasse, lo avrei raccolto poi. E invece... ».
È saltato fuori che aveva smesso di prendere i farmaci prescrittigli dopo l’infarto, non si sa se per dimenticanza o per scelta, forse inconsapevole.
«Era tormentato, specie negli ultimi tempi. Gli tornavano in mente la perdita dell’albergo di famiglia, il Duranno, le difficoltà di rapporto con la madre e con la moglie. Ieri abbiamo diviso tra i vicini le sue povere cose: zaino, scarponi, televisore. Ho preso qualcosa anch’io, per ricordo: carte, un orologio. Non sopportavo l’idea che quanto rimaneva andasse all’inceneritore».
Neanche la consapevolezza di aver offerto all’amico un supporto emotivo e concreto non è di conforto. «Perché mi ha aiutato molto più di quanto possa avergli dato io. Mi fidavo di lui, sfogavo le mie delusioni, le mie rabbie, le mie ansie e le mie paure».
Era stanco, Icio, forse lo è anche l’amico sopravvissuto. «Sì, è vero, sono stanco. Non di vivere, di vivere in battaglia. Claudio Magris ha un bel citare San Paolo e il “buon combattimento”. È un feroce combattimento, invece. E ci siamo dentro tutti: la guerra siamo noi».
È davvero possibile, per Mauro Corona, non lanciare sfide? E addirittura schivare quelle altrui?
«Avrei voglia di passare in pace questi ultimi tempi. Forse anche le mie comparsate televisive non sono una buona cosa: so che mi chiamano apposta per il mio caratteraccio e la mia sincerità. Se penso che uno sia un imbecille, glielo dico. Ma mi sorprendo a pensare quanto più rasserenante sarebbe affidarmi. Abbandonarmi. Dire: ma sì, hai ragione tu. Perdonare, che è poi l’unico modo per perdonarsi».
Ma si può stare calmi e assentire, quando fanno il “Grande fratello” sul Monte Bianco?
«Devo andare a Courmayeur tra poco, per una manifestazione libraria cui ho partecipato anche due anni fa. Il Bianco era tutto ingabbiato da gru. Poi ho visto Renzi, in giacca a vento, che andava a inaugurare la nuova funivia. Lui, che non c’entra un tubo, con il Bianco. Ma già, è il premier, ci fosse stato Berlusconi, sarebbe andato Berlusconi... ».
Così va il mondo, vero. E va male, dunque?
«Io vorrei che in montagna ci si andasse a piedi, ognuno sino a dove arriva. Un tempo l’uomo si adeguava all’ambiente, adesso pretende di adattare l’ambiente a ogni suo capriccio. Così si sono rovinati l’uomo e l’ambiente. E non si riesce a godere più di nulla. Ricordo la lezione di mio nonno, che mi portava a cercare le rane: non se ne trovavano e io brontolavo: “Contentati, camminiamo nel bosco”, mi ammoniva lui».
C’è un solco, una valle, che separa l’uomo dal mondo, lo ha scritto anche nel libro...
«Giorni fa, a San Martino di Castrozza, una mamma ha obiettato a questi discorsi: “Ma io devo poter andare nel bosco con il mio bambino senza dover temere l’orso”. “Signora, nel bosco l’orso è più a casa sua di quanto non lo sia lei», le ho risposto. La gente non sa riconoscere la natura che le viene incontro».
Di qui, allora, la proposta avanzata anche ne “I misteri della montagna”, di mandare in cattedra, nelle scuole, le guide, i cacciatori, i contadini d’alta quota...
«E i forestali. Adesso ho sentito della loro soppressione. Roba da matti, con tanti enti e spese inutili che si potrebbero tagliare, vanno a toccare proprio le zone più fragili e indifese. Non ho mai avuto rapporti idilliaci, io ero bracconiere e loro facevano il loro dovere. Ma per me il forestale è sacro».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto