Marte, il pianeta non ha più segreti: la lezione di Paolo Ferri a Monfalcone

L’evento è fissato per le 10 di sabato in piazza della Repubblica, spazio Nord. Fisico teorico, Ferri ha lavorato per quasi quarant’anni al centro di controllo dell’Agenzia spaziale europea a Darmstadt, in Germania
Alex Pessotto

Non serve essere astronomi né astronauti per riconoscere che, tra i pianeti del sistema solare, Marte ha sempre esercitato un certo fascino: anche perché lo si conosce ancora poco. Nel suo caso rimane quel lato oscuro che i Pink Floyd nel 1973 attribuivano alla Luna in uno degli album più celebri di sempre. A rendere Marte un po’ meno misterioso ci penserà un grande esperto della materia, Paolo Ferri, in uno degli appuntamenti più attesi di Monfalcone Geografie.

L’evento è fissato per le 10 di domani in piazza della Repubblica, spazio Nord. Fisico teorico, Ferri ha lavorato per quasi quarant’anni al centro di controllo dell’Agenzia spaziale europea a Darmstadt, in Germania. È autore del saggio “Le sfide di Marte. Storie di esplorazione di un pianeta difficile” (Raffaello Cortina Editore, pagg. 260, euro 22). Con lui dialogherà il giornalista Fabrizio Brancoli, vicedirettore del gruppo Nem (di cui il Piccolo fa parte), con delega a cultura ed eventi; e coordinatore del nostro giornale.

Ferri, perché Marte esercita così tanto fascino?

«È un pianeta rosso, quindi ha sempre colpito l’immaginazione, la fantasia: lo si è perennemente associato al fuoco, alla guerra e ai suoi dei, greci e romani. Quindi, è sempre stato percepito come particolare, fin dall’antichità. In epoca più recente, si è poi scoperto che, assieme a Venere, è il pianeta più vicino alla Terra ed è quello che alla Terra, pur essendo più piccolo di lei, assomiglia di più. Quindi, è il pianeta più facile da studiare. Al punto che già a metà Ottocento sono state tracciate mappe di Marte, anche da parte di un astronomo italiano: Giovanni Schiaparelli».

Perché la conquista di Marte è tanto difficoltosa?

«Ci sono stati molti atterraggi di successo sul pianeta. Però la metà delle missioni verso Marte è fallita. Perché? Nonostante il pianeta sia relativamente vicino, nonostante sia tutto sommato simile alla Terra, ha caratteristiche che lo rendono piuttosto difficile da esplorare».

Come fare, allora, per raggiungerlo?

«Inviare sonde robotizzate. Il viaggio si può considerare breve: circa 6-8 mesi. Di fatto, per arrivare su Marte occorre entrare in orbita, cosa non semplice: ormai lo sappiamo fare, ma, per farlo, ci vuole pur sempre trovare l’istante giusto. Se non si coglie l’attimo l’operazione fallisce. Inoltre, l’atterraggio è parecchio complesso, perché l’atmosfera di Marte non solo è molto tenue, ma anche variabile».

Cosa significa?

«Che la manovra di atterraggio, della durata di 6-7 minuti, va controllata dal computer di bordo: noi siamo troppo distanti dal pianeta per intervenire, i segnali radio impiegano un quarto d’ora per arrivare a Marte. Sì, questi segnali, pur viaggiando alla velocità della luce, devono percorrere centinaia di milioni di chilometri».

Qualcuno afferma ancora che la conquista della Luna non c’è mai stata. E per lei?

«È verissima. E come è stata fatta 55 anni fa ha dell’incredibile: ha richiesto investimenti colossali e comportato rischi enormi per la tecnologia di allora. Ma per gli Stati Uniti realizzare un falso sarebbe stato ancora più difficile, più complicato, dell’allunaggio reale. E una prova che lo sbarco c’è stato è che ancora oggi, grazie a quell’operazione, utilizziamo da terra strumenti che sono stati installati dagli astronauti sulla superficie lunare».

Quanti anni ci vorranno ancora per una piena riuscita delle missioni su Marte?

«Per affrontarle, la Nasa, ha ormai superato qualsiasi difficoltà. Da inizio millennio non ha più fallito. Alla stessa maniera, la Cina ha compiuto con successo una missione su Marte. Insomma, gli esiti negativi sono diventati sempre più rari. Certo, non si può affermare che non ce ne saranno più. L’Europa è entrata in orbita due volte su due tentativi, senza però ancora essere riuscita ad atterrare. Tuttavia sono fiducioso che le missioni del Vecchio Continente da qui alla fine del decennio supereranno queste difficoltà, visto che le problematiche avvertite in passato sono state comprese e superate. Mi riferisco, in ogni caso, alle missioni robotiche. Perché l’uomo arrivi su Marte, invece, ci vorrà ancora un po’ di tempo».

Quanto?

«Un bel po’. Anche se qualcuno come Elon Musk, sempre un po’ enfatico, dice che ce la faremo entro il 2030. Personalmente, non lo reputo un obiettivo realistico. Nel senso che l’uomo potrebbe atterrare su Marte, ma non tornare indietro sano e salvo».

Troppo lungo il viaggio?

«Sicuramente. I danni alla salute sarebbero irreversibili. Per una missione umana sul pianeta è necessario ancora qualche decennio».

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