Maria Antonietta a Villa Manin con “La Tigre Assenza”

La cantante torna in Friuli per presentare l’ultimo album. «Una regione che mi piace tantissimo»

Elisa Russo

«Torno in una regione che mi piace moltissimo, i friulani che ho conosciuto sono tutta sostanza e schiettezza e pochi formalismi, con un modo di essere radicali che risuona con quello che sono io, è una terra che mi affascina molto». Maria Antonietta, una delle voci più apprezzate dell’alternative italiano, è la protagonista del concerto nel Parco di Villa Manin oggi alle 18.30. La serata firmata Erpac Fvg e Vigna Pr comincia già alle 17.30 con gli opening AltamareA (indie pop) e Lunarize (electro pop), a cura del collettivo Cabaret Clandestino.

«Porto il mio ultimo disco, “La Tigre Assenza” – prosegue Maria Antonietta, nome d’arte della marchigiana Letizia Cesarini - ovviamente anche un sacco di pezzi dai dischi precedenti».

Con la band al completo?

«Sì, Bonito alla batteria, Daniele Rossi al basso e violoncello, Andrea Ragnoli alle tastiere, Andrea Vescovi alla chitarra elettrica. I concerti solitari mi piacciono molto, però poi mi manca la dimensione collettiva, più fisica e corale, con impatto sonoro differente, anche nel rendere giustizia alla produzione delle canzoni per come sono state arrangiate sui dischi. Sono molto contenta di questa band e dell’equilibrio che si è creato».

A Villa Manin si suona presto.

«Il cambio di scenario e orario, per me che sono abbastanza animale notturno, rende tutto nuovo, è un esperimento piacevole. Poi la location è bellissima».

Dopo alcuni album con La Tempesta, ora incide per la Warner. Come è stato passare a una major?

«Sono fiera del fatto di essere riuscita a mantenere la mia visione, la mia intenzione, zero compromessi. Quello che esce deve rappresentarmi al 100% e devo crederci fino in fondo, altrimenti sarebbe folle. La libertà artistica e l’onestà intellettuale sono prioritarie».

“La Tigre Assenza”: ci spiega il titolo?

«La poesia è sempre stata un mio grande amore. Il titolo è preso in prestito da una raccolta di Cristina Campo, poetessa italiano forse poco conosciuta, purtroppo. Ha una profondità e bellezza incredibili. Quando avevo finito di scrivere il disco mi sono resa conto che tutte le canzoni in qualche modo erano dei dialoghi con gli assenti, persone che non ci sono più fisicamente nella mia vita però in qualche modo continuavano a pesare. Quando ho visto quel titolo mi pareva racchiudesse il senso dell’album, di questa assenza feroce».

Ha dichiarato “Dio mi ha mandato delle canzoni nuove”. Cosa intende?

«Credo tantissimo nel potere dell’invisibile. Anche Cristina Campo si definiva una “partigiana dell’invisibile”. La gratitudine, l’amore, la paura, i ricordi, la fiducia sono tutte cose invisibili ma ti spingono avanti e tengono in piedi il mondo. Come arrivino le canzoni a te è misterioso, però funziona».

È un modello per molte ragazze. Che effetto le fa?

«È bello e commovente percepire che quello che metti in circolo riesca a creare un senso di comunità, mi fa anche sentire un po’ responsabile, devi avere cura delle parole che usi, ci sono ragazze che si sentono comprese, si identificano. Ho cominciato a fare questo lavoro perché PJ Harvey, Patti Smith, il punk femminile davano voce a cose che avrei voluto dire io, sapere che su piccola scala posso rappresentare lo stesso mi rende felice».

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