«L’umanitarismo s’illumima coi movimenti antischiavisti»

di LUCIANO SANTIN
Il Premio “Friuli Storia” è assegnato annualmente all’opera di Storia contemporanea che sappia meglio coniugare rigore scientifico e capacità di diffusione. Il Messaggero Veneto pubblica le interviste agli autori della terna dei libri proposta dalla giuria scientifica, tra cui una giuria popolare di lettori individuerà il vincitore, che sarà premiato a Udine il 22 settembre prossimo.
O sfortunati mortali! O terra infelice! O spaventosa unione di tutti i mortali!. Con questi versi Voltaire inizia il suo Poema sul disastro di Lisbona, il terremoto che nel 1775 rase al suolo la città, segnando in qualche modo la nascita degli aiuti umanitari organizzati. A mettere a fuoco la storia di questi ultimi è Silvia Salvatici, nel suo Nel nome degli altri, edito da Il Mulino, e finalista al premio Friuli storia. L’autrice analizza un percorso che, iniziato sul territorio europeo e poi dilatatosi a livello mondiale, oggi dovrà riconfigurarsi causa l’emergenza umanitaria dei migranti.
- L’umanitarismo, la concezione mertoniana dell’uomo che non è mai isola. Un tema vasto studiato nel suo estrinsecarsi concreto...
«Quello che ho cercato di capire è appunto il modo in cui si forma il concetto che esistono esseri umani sofferenti, che, anche se lontani, proprio per il loro essere umani, hanno diritto all’empatia, e a forme di solidarietà concreta. Aiuti che si sostanziano in pratiche e soggetti, principalmente istituzioni o organizzazioni».
- Lei colloca la nascita dell’umanitarismo organizzato a fine ’700. Il secolo dei Lumi non è estraneo, dunque?
«È una delle componenti che entrano in gioco per illuminare, appunto, la situazione, dare consapevolezza del disagio di altre popolazioni, cui deve andare la nostra empatia. Ma la svolta decisiva viene dai movimenti antischiavisti, che avranno nel Regno Unito un faro e un modello».
- L’empatia ha bisogno di essere attivata. Oggi c’è la tv che riversa nelle case le sofferenze lontane. Ma duecento anni fa?
«Le emozioni venivano svegliate dai giornali, da disegni, da conferenze nelle quali si diffondevano pamphlet e volantini con le immagini degli schiavi in catene. Oggi ci sembrano ingenue, ma all’epoca facevano effetto. Poi è arrivata le fotografia, che ha dato un forte impulso al coinvolgimento dell’opinione pubblica».
- Lei parla di umanitarismo coloniale, forse il “fardello dell’uomo bianco” di Kipling. Ma il colonialismo fu sopraffazione e rapina.
«Lo fu. Ma generò anche iniziative di aiuto, missioni religiose o laiche. L’umanitarismo si sviluppa in relazione al bisogno di dimostrare l’appartenenza a una civiltà elevata, capace di tener conto delle sofferenze altrui e di lenirle».
- A Solferino Henry Dunant immagina la Croce Rossa internazionale. Ma sarà la Grande guerra a segnare il vero decollo delle organizzazioni.
«Per l’ampiezza dei danni arrecati alle popolazioni nasce la Società delle Nazioni. E nel ’19 due donne che protestano in Trafalgar Square contro le sanzioni ai Paesi sconfitti, mostrando la foto di un bambino austriaco denutrito, vengono arrestate per propaganda antipatriottica. Ma di lì ha origine Save the children. E con gli esodi postbellici si dà vita all'Unhcr, con Fridtjof Nansen nominato Alto commissario per i rifugiati. Crescono anche le organizzazioni non governative, che interagiscono con gli enti nazionali e internazionali, spingendoli a fare di più».
- Le frontiere dell’azione umanitaria, nel ’900 si spostano al mondo intero. Ma non è che i nuovi fenomeni migratori abbiano spiazzato le organizzazioni, che non si aspettavano di dover, di nuovo, intervenire in Europa.
«Sono una storica, sulla realtà presente posso dare un giudizio sostanziato da una conoscenza parziale, anche se con il mondo dell’umanitarismo ci ho lavorato. L'impressione è che a essere stati colti di sorpresa siano stati i policy makers. Le organizzazioni avevano registrato un forte e rapido aumento negli spostamenti delle popolazioni, che le avrebbe portate ai confini europei. Ma non hanno avuto abbastanza attenzione, temo».
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